(...) la tifoseria dell'Inter. Dopo avere trascorso la notte in guardina, i ventotto fermati sono stati portati in tribunale per il processo per direttissima. L'accusa per tutti era di resistenza a pubblico ufficiale, per alcuni anche di porto di fumogeni. I processi si sono conclusi in modo indolore per gli ultras: venticinque sono stati assolti per insufficienza di prove, come chiesto dal difensore d'ufficio Pierpaolo Scevola Ruscellotti; solo per tre di loro uno dei tre giudici che si sono suddivisi il lavoro (non c'era un'aula con le gabbie abbastanza grandi da contenere tutti gli imputati) ha emesso una condanna a pene tra i tre e i sei mesi con la condizionale. Prima di sera i ventotto erano tutti liberi, pronti a tornarsene a casa.
Un esito quasi inevitabile, vista la difficoltà di assegnare ad ognuno degli imputati un ruolo preciso negli scontri; e vista anche la leggerezza dell'imputazione. Ma quanto emerso nel corso dei tre processi è tutt'altro che tranquillizzante. Nel rapporto della polizia che è stato letto in aula, si afferma esplicitamente che l'assalto era premeditato: almeno centocinquanta dei duemila supporter dell'Hayduk Spalato arrivati a Milano per l'incontro di Europa League sono arrivati con l'intento preciso di menare le mani. E non erano soli.
Dei ventotto fermati, solo ventiquattro erano effettivamente croati; gli altri quattro, si è scoperto, erano francesi. Che ci facevano a Milano? Interrogati dai giudici, hanno spiegato di fare parte di una comitiva di una ventina di «amici» arrivati a Milano apposta per vedere la partita. «Non siamo tifosi né dell'Inter né dello Spalato - ha detto uno di loro - siamo del Sant Etienne».
Invano il magistrato ha cercato di ottenere una spiegazione sensata del fatto che venti giovanotti affrontino un viaggio di mille chilometri per venire a vedere una partita di cui in teoria non dovrebbe importargli assolutamente nulla; e si ritrovino poi a partecipare, o almeno ad assistere da molto vicino, agli scontri premeditati tra altri tifosi e le forze dell'ordine. Dopodiché, di fronte alle risposte a monosillabi e alla mancanza di prove, ha dovuto assolvere anche i francesi.
Ma che i francesi non fossero a Milano per caso lo dicono, a parte la logica, anche il fatto che si trattasse di quattro teste rasate, come pure tutti i croati.
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