Scontri e botte con la polizia al presidio degli antifascisti

La solita violenza rossa al raduno dei centri sociali che volevano assaltare i comizi di Carroccio e CasaPound

Paola Fucilieri

Non sono bastati i toni da crociata, le minacce al megafono, la folla dei 1.500 radunata in Largo La Foppa attorno ai centri sociali Zam, Cantiere e Lambretta e a Milano in Movimento schierati per dare un contributo che non passasse inosservato contro «lo scenario inquietante, senza precedenti dei fascisti presenti in città in un solo sabato». La guerriglia urbana (o meglio, l'accenno che ne è scaturito) ieri a Milano ha perso la piazza. Una vera e propria sconfitta per chi voleva creare caos e magari qualche ferito. Alle 16,50 i manifestanti hanno infatti tentato di sfondare il presidio preavvisato in questura, mettendosi in marcia lungo via Volta, decisi a raggiungere piazzale Baiamonti e viale Montello per ritornare, passando per piazzale Biancamano e parte di via della Moscova, di nuova in La Foppa. Ma hanno sbagliato tempi, toni e soprattutto modi. Incamminandosi decisi in via Volta quando i loro leader stavano ancora «contrattando» con la Digos un corteo mai preannunciato e non ancora autorizzato. Lo schieramento della Celere li ha bloccati, prima con qualche manganellata e poi, vista l'ostinazione, lanciando lacrimogeni i cui fumi hanno raggiunto anche alcuni negozi, tra cui la pasticceria «Panarello» dove personale e clienti si sono accucciati a terra, impauriti. A quel punto il presidio è rimasto tale e la manifestazione si è spenta poco a poco, fino a morire completamente con gli antifascisti che hanno raggiunto mogi via Melchiorre Gioia per poi sciogliere il corteo in piazza Duca d'Aosta.

Una scena d'effetto quella di manganelli e fumogeni, ma praticamente nulla nella globalità di una giornata difficile, che ha portato il questore Marcello Cardona a spalmare su Milano ben 800 uomini venuti da ogni parte della Lombardia e dell'Emilia, tra poliziotti, carabinieri, finanzieri e vigili. Personale che ieri sera Cardona ha ringraziato in via Fatebenefratelli. «Il momento di tensione c'è stato dove ce lo aspettavamo e comunque è stato ridotto, sapevamo che la giornata sarebbe stata complessa anche se non abbiamo detto nulla in anticipo per non creare allarmismo - ha spiegato Cardona - È stato circoscritto anche il prologo della mattinata, quando alcuni giovani volevano occupare largo Beltrami salendo su una statua solo perché più tardi proprio lì avrebbe parlato un leader di CasaPound. Grazie a una serie di servizi basati sull'organizzazione e in particolare sulla prevenzione siamo riusciti a intercettare la fazione dei contestatori e, con garbo e fermezza, li abbiamo fatti allontanare».

Con 15mila manifestanti in piazza Duomo per la Lega Nord (ne erano attesi almeno 20mila), 1.500 in Largo La Foppa (dove invece i partecipanti dovevano essere un terzo), 350 in largo Beltrami (CasaPound aveva annunciato circa 600 presenze) e poche centinaia di persone in via Padova per Fratelli d'Italia, l'ordine pubblico ha vinto. Basti pensare che non c'è stato nemmeno il tanto temuto blitz in largo Greppi, davanti al teatro Strehler.

Lì Milano in Movimento voleva organizzare, come aveva minacciato on line, un presidio antifascista infischiandosene di permessi e preavvisi; lì la questura ha schierato con i suoi uomini il vice questore aggiunto Antonio D'Urso, già aggredito durante la manifestazione del primo maggio 2015 nel corso del corteo contro Expo. Una sorta di garanzia o, se vogliamo, un monito per i cosiddetti «antagonisti».

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