di Carlo Maria Lomartire
Ho fatto un sogno, anzi un incubo. Ho sognato che la giunta di Letizia Moratti o di Gabriele Albertini o comunque di un sindaco di centrodestra, prima imponeva un'addizionale comunale Irpef (che non c'era) poi la aumentava, poi dimezzava la fascia degli esenti e, insaziabile, aumentava anche l'Imu pregando che non fosse cancellata. Quel sindaco, inoltre, aumentava il biglietto dell'Atm del 50% benché avesse allargato l'area della «pollution charge» (Area C) promettendo di utilizzarne il ricavato per migliorare il trasporto pubblico. Il servizio, invece, non solo peggiorava, rallentando e segando la realizzazione di nuove linee del metrò, ma alla fine quello stesso sindaco scippava anche 55 milioni alla povera già inguaiata Atm. Naturalmente nel mio incubo tutto questo avveniva mentre Palazzo Marino era praticamente assediata dai manifestanti di sinistra e dai sindacati. E come potrebbe essere altrimenti in una città dissanguata dal fisco e dalle tariffe? E a nulla serviva, non placava certo gli animi dare la colpa di tutto alla crisi globale, europea, italiana e del Comune. Perché, crisi o non crisi, si sa che la sinistra e i sindacati, sempre sostenuti dai condiscendenti giornaloni, la protesta la sanno organizzare, sanno «mobilitare la piazza», come usa dire. E quindi per giorni e giorni; folle urlanti davanti a Palazzo Marino con striscioni, fischietti e pentole usate come tamburi. Scene da manzoniano assalto ai forni, ma tutto prevedibile e comprensibile, perfino giustificato, quando si sottopone la gente ad un salasso tanto feroce.
Poi, finalmente, mi sono svegliato e dopo qualche secondo di disorientamento, ho ricordato che, incredibilmente, quelle cose terribili, quel salasso dei milanesi lo ha fatto una giunta di sinistra, molto di sinistra, la giunta Pisapia. Niente di strano, direte voi, è la solita sinistra delle tasse, anche se più feroce del solito e, stavolta, con la buona scusa - che però vale a senso unico - della crisi. È vero, ma quello che è strano, invece, è che piazza Scala è vuota: niente manifestazioni di protesta, cortei, striscioni, fischietti e tamburi. E vero, un'opposizione forte e decisa in Consiglio comunale - a parti invertite come nel mio incubo la sinistra non sarebbe stata da meno - ma niente «mobilitazione di piazza», protesta di massa, opposizione sociale e impegno della mitica società civile. Lo sappiamo, il centrodestra è restio a scendere in piazza. Negli ultimi anni lo ha fatto solo, e con innegabile efficacia, su richiesta di Silvio Berlusconi. E sappiamo anche che non è più quel tempo, che la situazione è molto cambiata e in peggio. Ma il centrodestra milanese, se vuol dimostrare di esistere, non può lasciar passare questo schiacciasassi sulle teste dei suoi elettori senza chiamarli a «scendere in piazza», senza vivaci manifestazioni di massa dei cittadini contribuenti e fruitori dei servizi comunali. Sul Corriere della Sera del 13 maggio 2011 Pisapia prometteva: «Non introdurremo nuove tasse, non aumenteremo le tariffe». Se il centrodestra ha ancora un rapporto con la sua base elettorale, con la sua gente, la chiami a ricordare al sindaco tutte le promesse non mantenute.
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