Se qualcuno sperava che Anna Maria Cancellieri, ministro della Giustizia, nella sua visita milanese si lanciasse in pubblici proclami in difesa dei magistrati del caso Ruby, o stigmatizzasse i cortei del Pdl sulle scalinate del palazzo di giustizia, è rimasto deluso. Del resto bastava conoscere biografia e carattere del prefetto Cancellieri. Il ministro d'altronde conosce bene il mondo dei giornali, avendo per anni seguito i rapporti con la stampa per la prefettura di Milano: sa rispondere curando le parole nelle virgole e schivando ogni ombra di polemica, a costo di apparire decisamente ecumenica e - se l'aggettivo è lecito - un po' democristiana.
Così ieri, nell'incontro con i vertici della Corte d'appello e dei tribunali e procure del distretto milanese, ha voluto parlare soltanto di lavoro, di giustizia che non funziona a sufficienza, dei progetti di automazione e riorganizzazione, di emergenza carceri. E sugli stessi binari ha mantenuto la improvvisata conferenza stampa in corridoio. É venuta a portare solidarietà ai magistrati? «Sì, soprattutto ad ascoltarli, comprendere le ragioni delle difficoltà e cercare di dar e loro le risposte e le soluzioni». Questo è il palazzo simbolo dell'attacco ai magistrati, le dicono. E lei: «Io sono venuta qua per lavorare e portare avanti i provvedimenti che servono per rendere la giustizia sempre giù efficiente». Le chiedono della separazione delle carriere: «Non entro sui dettagli, non è questo l'obiettivo del nostro lavoro. È rendere i processi più veloci e più efficaci». Si può dare del cretino a un giudice? «La espressione delle idee deve avere luogo ma sempre nel rispetto dell educazione che molto spesso viene dimenticata».
Zero polemica politica, insomma, e solo fatti e programmi. Senza grandi promesse, ma contando su un ingrediente disponibile solo da queste parti: «La voglia di risolvere, questo pragmatismo molto milanese che è sicuramente il valore aggiunto che fa la differenza». Sperando che basti, perché il quadro della situazione milanese non è roseo. I giudici parlano soprattutto di mancanze di risorse. Gli avvocati dicono che anche con le risorse attuali si potrebbe fare di più. La sostanza, riconosce il ministro, è che «c'è una forte esigenza di una giustizia più efficiente e più efficace. Il nostro paese lo chiede con forza».
Poi c'è un tema che non può più attendere, che è quello delle carceri e delle condizioni inumane in cui si vive in alcune di esse, come San Vittore. La Cancellieri ha appena varato un decreto che però secondo gli avvocati penalisti milanesi è troppo timido, e non darà grandi risultati. Si poteva osare di più?
«Parliamo - risponde il ministro - di un decreto legge che più di tanto non può fare. Stiamo lavorando per fare altre cose più efficaci nel tempo medio e nel tempo lungo con gli strumenti giuridici corretti.
Se il ministro delude le toghe ultrà
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