Se una poesia di Natale manda alla sbarra "Fa satira sulle donne"

L'avvocato Pensa prende spunti da abusi e molestie per gli auguri. Ma l'Ordine gli intima di scusarsi

Se una poesia di Natale manda alla sbarra "Fa satira sulle donne"

Al grande avvocato, alla fine, toccò difendere se stesso: non da una accusa di omicidio o di bancarotta, bensì da una colpa in questi tempi forse ancora più grave. Un reato di satira non autorizzata, previsto e punito dalla dittatura del politicamente corretto: questo il crimine che Jacopo Pensa si è sentito rinfacciare dall'Ordine degli Avvocati. E tutto per una poesia, i consueti auguri in rima che ad ogni fine anno Pensa rivolge a colleghi ed amici.

Nei suoi ottonari, questo veterano del foro milanese scherza da sempre con gli argomenti e i personaggi dell'attualità, rileggendo col sale dell'ironia i fatti dell'anno che ci si prepara a seppellire. E nei suoi auguri del dicembre scorso, com'era quasi inevitabile, ha preso spunto dal tema più discusso del momento, quello delle molestie alle donne, sollevato in America dal caso Weinstein e da lì esploso in tutto il globo terracqueo; affrontato da Pensa con a consueta eleganza di penna.

Eppure, apriti cielo: il legale si è vista arrivare in studio una lettera indignata del «Comitato Pari Opportunità» dell'Ordine degli avvocati, firmata dal presidente Tatiana Biagioni: secondo cui «l'immagine di donna che agli occhi di molti colleghi e colleghe emerge dal tuo scritto è quella di una donna che ricerca le molestie, quando milioni di donne le subiscono con danni, a volte, irreversibili». La Biagioni, dopo avere ricordato l'impegno dell'Ordine degli avvocati sul tema della «parità di genere», rinfaccia a Pensa in particolare di avere impiegato nella poesia una espressione latina, la vis grata puellae, la forza gradita dalla fanciulla: che «è stato letto come offensivo», «ha offeso la sensibilità di molte persone che quotidianamente si impegnano a far sì che nessuna donna possa sentirsi neppure lontanamente derisa su questi temi». Pertanto Pensa viene invitato a fare pubblica autocritica con uno scritto sul sito della «Commissione pari opportunità», un po' come nella Cina della Rivoluzione culturale i «deviazionisti» erano costretti a pubbliche abiure.

Ma il vecchio leone del foro non ci sta: e scrive alla Commissione tre pagine in cui rivendica il proprio diritto alla leggerezza in rima baciata; spiega che a ispirargli il tema era stata proprio la battuta di una collega femmina, e che da colleghe del gentil sesso gli erano arrivati dopo l'invio degli auguri i commenti più divertiti. Quanto al vis grata puellae: «Ho avuto il vezzo - per ironia, per gusto del latinorum, per celia, ecc - di usare a volte quell'espressione per dire semplicemente facciamo all'amore ricorrendo a parole un po' più colte ed evitando espressioni più banali e più usuali.

E spero proprio che comunicare il desiderio di fare all'amore sia ancora considerato sano per entrambi i sessi». Scherzando, ma non troppo, Pensa conclude: «Non vorrei arrivare a dover chiedere il placet prevenivo (di chi, poi?) sulla forma e il contenuto degli auguri».

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