Settecento No Tav padroni di Milano

Settecento No Tav padroni di Milano

Il bambino non ha più di 4 anni, ma il padre che lo tiene sulle spalle lo vuole già ideologicamente pronto, così gli sussurra abbastanza forte da farsi sentire: «Ricordati che in testa e in coda al corteo ci sono le persone che devi odiare di più: la Digos e i giornalisti». Sfilano poco più di 700 No Tav a Milano. Gli anarchici la fanno lunga. Troppo. Partono alle 14 da piazza XXV aprile per sciogliere il corteo solo dopo le 20 in viale Gorizia, lungo la Darsena. Tra la Milano della settimana della moda e famigliole desiderose di cenare fuori, furiose per il traffico impazzito, del tutto incuranti del progetto della nuova linea ferroviaria Torino-Lione. Manifestanti troppo noiosi anche per una buona causa, divisi tra chi distrugge telecamere e banche (a volto rigorosamente coperto, ça va sans dire) e chi, lungo il percorso, blocca tutto e tutti per leggere lunghe lettere. Discorsi e missive infarcite di teoria e indirizzate ai «compagni ingiustamente incarcerati», i 4 arrestati con l'accusa di terrorismo il 9 dicembre scorso dopo aver assaltato il cantiere dell'alta velocità di Chiomonte. «Pappardelle» che riescono a tediare pure Dario Fo, notato sbadigliare in mezzo alla folla sotto il sole di una giornata dal clima primaverile. Durante la quale nemmeno gli irriducibili nerovestiti dei centri sociali più temuti - I Transiti, il Litta Modignani, la Panetteria e la Pizzeria occupata - non fanno paura a nessuno.
Più che una manifestazione minacciosa, infatti quella di ieri è stata una interminabile guerra di nervi costellata da tanti episodi di vandalismo fine a se stessi, riuscita solo a tenere in ostaggio la Milano della settimana della moda e a destabilizzare il traffico. I No Tav hanno messo subito in chiaro le cose: «Giornalisti come poliziotti e carabinieri: o stanno in testa o stanno in coda al corteo». Così, a partire dalle 15.15, quando la manifestazione si è mossa lenta tra la musica dei Ramones e con in testa uno striscione rosso e nero che recitava minaccioso «terrorista è chi saccheggia e devasta i territori», per cinque ore si sono ostinati ad allontanare tutti coloro che volevano filmare il corteo lungo il percorso. Compresi i cinesi di via Bramante e i nordafricani delle bancarelle, che li riprendevano per pura curiosità. E che, allontanati bruscamente dai No Tav, stanno ancora tentando di comprendere la ragione di tanta veemenza e di tutte quelle urla lanciate nella loro direzione.
Alla fine - orfani delle telecamere - il bilancio distruttivo dei No Tav si è fatto sentire. Già pochi minuti dopo la partenza del corteo, in via Farini avevano già danneggiato la filiale della Cariparma, un impianto di videosorveglianza del bar Biffi e le mura del convento di sant'Antonio. Davanti al cimitero Monumentale alcuni di loro, saliti su una gru del cantiere, hanno disteso uno striscione contro uno dei due pm, Antonio Rinaudo, che hanno spedito in carcere i loro compagni. Quindi è toccata all'Unicredit di via Bramante e, alle 17, in largo Cairoli una raffica di pietre, bottiglie e petardi hanno colpito il cantiere dell'Expo. E così di seguito. Con danneggiamenti alla banca Intesa di piazzale Cadorna. E il colpo di teatro alle 18.25.

Quando, da uno stabile di corso di Porta Vercellina due antagonisti riescono a lanciare petardi all'interno del carcere di San Vittore e inveiscono contro Andrea Padalino, l'altro pm tanto odiato, mentre sulle mura campeggia la scritta: «Digos, neanche il fascino della divisa». Finisce tutto al Coin di Colombo. «Cercate terrorismo troverete resistenza» dice lo striscione srotolato sul posto. Ma a quel punto il corteo se l'è ormai fagocitato la movida dei Navigli.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica