La sfida del nuovo direttore? Far rinascere la Rai milanese

La sfida del nuovo direttore? Far rinascere la Rai milanese

Missione davvero ardua, quella di Renzo Canciani, nuovo direttore della Rai di Milano. Il suo impegno principale, infatti, consiste nel reale e non più rinviabile rilancio del centro di produzione radiotelevisivo milanese.
Un rilancio da anni - ma sarebbe più esatto dire da decenni - invocato e regolarmente ignorato se non addirittura respinto con fastidio dai poteri romani, sia della Rai sia della politica, sostanzialmente coincidenti. Perfino la Lega di lotta e di governo ha dimostrato proprio su questo punto tutto il suo velleitarismo parolaio: reclamando, promettendo e infine annunciando, perfino con una gran festa in piazza Duomo insieme al sindaco Moratti (che della Rai era stata presidente) il trasferimento di Rai 2 in corso Sempione. Trasferimento poi miseramente ridotto allo spostamento di una poltrona e di una scrivania, mentre i dirigenti leghisti preferivano restarsene a Roma, fra salotti, terrazze e trattorie - d'altra parte abbiamo appreso quanto siano attaccati ai piaceri della vita. Milano, invece, merita molto di più, perché se tecnicamente la Tv italiana è nata a Torino, i programmi e i contenuti che l'hanno lanciata e fatta grande sono stati concepiti e realizzati qui: dal mitico «Lascia o raddoppia?» di Mike Bongiorno, in onda dagli studi della Fiera, al primo Tg, diretto da corso Sempione da Vittorio Veltroni, padre di Walter. Poi col tempo, come al solito, Roma l'ingorda ha risucchiato tutto.
Tutto questo Canciani lo sa. E conosce bene sia la Rai, nella quale lavora da quasi tre decenni, sia le dinamiche del la politica romana. D'altra parte, legatissimo alla città nonostante abbia accettato anche molti e lunghi trasferimenti, è sempre stato uno dei più radicali sostenitori della necessità di restituire alla sede milanese il rango che le spetta. Anche, se non soprattutto, nello stesso interesse del servizio pubblico.
Canciani conosce le grandi professionalità di questo centro di produzione, irresponsabilmente inutilizzate (a proposito di sprechi!). Egli sa benissimo che, se si produce qualcosa negli studi di corso Sempione o di via Mecenate, generalmente da Roma arrivano insieme al conduttore, stuoli di registi, aiuto-registi, produttori, assistenti, tecnici e segretarie, col solo effetto di far lievitare i costi e quindi di rendere meno conveniente produrre qui. Tutte queste cose, Canciani le sa. Così come quelli che lo hanno nominato - finalmente, dopo ben otto mesi di vacanza: dimostrazione di disinteresse o di eccessivo interesse? - conoscono il suo spigoloso carattere e quindi sanno che non sarà facile eludere ancora il rilancio della sede milanese.


Canciani è pienamente consapevole che non è più accettabile, ma è irragionevole e anacronistico che l'emittente di Stato mantenga una struttura così rigidamente monocentrica: napoleonica o, se preferite, borbonica.
Ma è evidente che per attendere a questo durissimo impegno il nuovo direttore ha bisogno dell'appoggio pieno e incondizionato della politica milanese. Lo avrà? Ce lo auguriamo. Lui lo esiga.

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