Nel secondo dopoguerra un migrante siciliano di professione orologiaio si trasferì a Milano per cercare lavoro. Vicino all'Arengario trovò uno scantinato sotto l'attuale Museo del Novecento, dove iniziò a dedicarsi alla riparazione di orologi. In poco tempo ampliò l'attività. Prese in affitto un chiosco, in una nicchia dell'Arengario, per la vendita e riparazione di orologi condiviso con un fioraio tra il Museo e la Piazza del Duomo. Alla fine degli anni 60 il chiosco assumeva l'immagine che ha ancora oggi, dipinto in un colore rosso acceso, e prese la denominazione di Laboratorio Orologeria Duomo. Anni fa «Il Chiosco rosso» a causa dei lavori per la realizzazione del Museo del Novecento dovette lasciare il suo spazio ma ritenuto dal Comune luogo d'importanza per i milanesi, gli fu concessa un'altra area nel complesso dell'Arengario, sul lato opposto al Museo, dove si trova attualmente.
Oggi la storia si ripete e il Comune ha deciso di riappropriarsi dei suoi spazi. Infatti ha notificato lo sfratto del Laboratorio Orologeria Duomo a Adriano Collenghi, attuale titolare. Adriano è un appassionato romantico di orologi, che dopo 20 anni di lavoro come dipendente statale, ha potuto trasformare la sua passione in una professione e coraggiosamente, circa 15 anni orsono, ha abbandonato il suo posto di lavoro sicuro per dedicarsi al mondo degli orologi, con un atto di coraggio che molti dipendenti pubblici sognano, ma pochi intraprendono. Nonostante i suoi 50 anni, il titolare del Chiosco Rosso è un uomo di altri tempi. Basta entrare nella sua bottega e capire che lì il tempo si ferma.
E' un luogo dove se entri non devi avere fretta, perché Adriano ti incanta con i suoi racconti, talvolta inediti, sui suoi orologi, dai più commerciali e costosi, come gli Audemars Piguet, i Rolex, i Patek Philippe, ma anche quelli più rari come i Tasca più antichi, o i Militari, ognuno con la sua storia da raccontare. Purtroppo il sogno di Adriano e dei suoi clienti, storici e nuovi, italiani e stranieri, turisti e lavoratori, sta per svanire, e con loro il ricordo di una Milano antica, che la modernità rischia di cancellare.
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