Cronaca locale

"Il sindaco ci ha lasciati soli con i creditori"

Senza aiuti e con affitti e bollette da pagare: "Sala ci sostenga col governo"

"Il sindaco ci ha lasciati soli con i creditori"

La consegna delle chiavi a Palazzo Marino è stato solo il primo di una serie di azioni dimostrative da parte dei ristoratori milanesi. La prossima è prevista per domani in piazza Duomo: ognuno dei gestori sarà seduto a due metri di distanza dai colleghi con in mano l'insegna del proprio ristorante. «Siamo avviliti e amareggiati non solo per il governo che ci ha lasciati soli, ma anche dall'atteggiamento pilatesco di Comune e Regione che finora non hanno alzato un dito per difendere la nostra categoria dal collasso», dice Nicoletta Taglialatela, proprietaria del ristorante pizzeria Peperino, zona Corso Como, fino a febbraio una fiorente attività con 25 dipendenti e oltre 500 coperti al giorno.

Che cosa chiedete all'amministrazione?

«Anzitutto di farsi portavoce con il governo da cui finora non abbiamo avuto alcun sostegno, a parte un credito d'imposta del 60 per cento per il solo mese di marzo. La cassa integrazione è ancora in alto mare e i miei dipendenti sono senza stipendio da due mesi. In compenso, a fronte dei mancati incassi, sono obbligata a pagare un affitto di oltre 15mila euro al mese, le bollette dell'energia elettrica e le fatture dei fornitori».

Sugli affitti il sindaco ha detto che si tratta di questioni di diritto privato.

«Le amministrazioni locali non possono lavarsi le mani, stiamo pur sempre parlando della città con gli affitti più cari d'Italia e in questi anni il settore ristorazione ha ingrassato le casse del Comune con tasse e oneri di ogni sorta. Il Comune e la Regione potrebbero intanto intervenire per estendere i crediti d'imposta fino a tutto giugno. Ma soprattutto chiediamo una proroga per gli affitti oppure una sospensione come per i casi di calamità naturali».

Fino al 1 giugno avrete la possibilità di lavorare con i piatti d'asporto.

«È un palliativo inutile, siamo ristoranti e non gastronomie. Con il take away gli incassi sono risibili e oltretutto da condividere con le agenzie di delivery. Noi non chiediamo elemosine ma la possibilità di lavorare anche a ranghi ridotti. La Spagna, che ha avuto i nostri stessi problemi, consentirà la riapertura dei ristoranti obbligandoli a ridurre la capienza del 50 per cento. Perchè non si è fatto anche da noi?».

C'è il problema sicurezza.

«Se c'è un settore che conosce a menadito le norme di sicurezza per il pubblico è il nostro. Già prima della chiusura adottavamo tutte le precauzioni igieniche e, pur lavorando col pubblico, non ho avuto nessuno contagio tra i dipendenti nè, a quanto mi risulta, tra i miei clienti abituali. Dimezzando i posti e facendo più turni garantiremmo gli stessi standard di sicurezza delle altre aziende e dei supermercati.

E invece più restiamo chiusi e più la gente avrà paura a tornare».

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