(...) Eppure è la sinistra laica quella che, con più determinazione, sembra voler rivendicare l'eredità di Martini su questioni etiche, o sociali, che oggi dividono la politica. Basta leggere le reazioni che sono arrivate venerdì e ieri. Soprattutto da sinistra.
Fra i suoi «allievi» qualcuno sembra sottolineare con amarezza la tendenza a sottovalutare il messaggio religioso di Martini: «Il dialogo in lui era un atto di fede», ha scritto ieri su Vino Nuovo Giorgio Bernardelli, scrittore e giornalista: «La Cattedra dei non credenti non nacque per la smania di apparire una Chiesa aperta, ma per aiutarci a credere meglio». «Qualche volta - ha detto ieri Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura - si diceva per esempio che Martini faceva delle dichiarazioni che erano in contrasto o, comunque, che erano un po' oltre rispetto alla dottrina». «In realtà egli aveva una fede direi quasi rocciosa».
Forzature politiche non mancano. È la lettura di Alberto Fedeli, dell'Unione dei giuristi cattolici, l'associazione che ha attaccato il registro delle unioni civili, soprattutto nella versione iniziale: «È bello che oggi tutti si riconoscano nella figura di Martini - dice - ma lui era molto al di sopra dei registri comunali vari». «Ho visto meschinità e scorrettezze in questi giorni - aggiunge - nel tentativo di buttarla in politica o di rappresentare un Martini in contrapposizione con la Chiesa». «Tentativi - dice Fedeli - che non danno atto della sua complessità». Per esempio «il no all'accanimento è una cosa, l'eutanasia è un'altra, il testamento un'altra cosa ancora. Martini è morto come Giovanni Paolo II, abbandonandosi a Dio». «Certo - spiega - voleva un nuovo Concilio, aveva posizioni anche critiche su alcuni aspetti, ma la Chiesa è una comunità, in cui, come in una sinfonia, vivono toni diversi». Vede invece una sintesi felice, nel rapporto fra laici e cattolici milanesi, Valerio Onida, ex presidente della Consulta, poi candidato alle primarie del Pd e credente («Ma il mio punto di partenza non aveva questo connotato - precisa - riguardava la città»). «Mi pare che quello spirito, l'incontro su un terreno comune e il superamento delle contrapposizioni, vada salvaguardato e sviluppato», riflette Onida, che si è definito «un martiniano» fin da quella esperienza elettorale, sfortunata ma significativa. E anche sul testamento biologico Onida, pur premettendo che «si può far poco a livello comunale», conviene che «servirebbe una legge dello Stato, ma non dovrebbero esserci steccati od ostacoli a trovare una soluzione».
Comunione e liberazione nei mesi scorsi ha lanciato accuse precise nei confronti degli ultimi due episcopati. Ieri ha espresso «gratitudine» a Martini per aver accettato «con vera paternità di pastore che il movimento vivesse nella diocesi di Milano». Esponente di Cl, ex assessore comunale e oggi capogruppo del Pdl, Carlo Masseroli osserva: «Vedo una lettura erronea e una strumentalizzazione - dice - in questo tentativo di tirare Martini dalla propria parte. Ma con tutto il rispetto mi sembra che non c'entri niente con Pisapia o Majorino. Questi sono temi da trattare con tutta la delicatezza possibile, e non si possono usare le parole di Martini, con una forzatura, per giustificare questo o quel provvedimento».
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