Sognare non è vietato (neppure tormentarsi)

Tante novità nell'undici di Mancini E tra i tifosi nerazzurri cresce l'ansia

di Claudio De Carli

Ha detto il Mancio che all'inizio del campionato tutti sognano.

Anche lui. Sognare è un diritto, si chiudono gli occhi e ci si lascia andare a costo zero, si vola, zero pedaggi autostradali, zero soste per il rifornimento, zero limiti di velocità. Quando il Mancio dice che sogna intende l'Inter. La cosa ha messo tutti di buon umore, come ai bambini quando si promette loro qualcosa, perchè nella sua uscita il Mancio era come se avesse promesso qualcosa. C'è l'ansia per l'attesa ma ci si convince che la sorpresa finale sarà fantastica, oltre ogni aspettativa e giustificherà tutto. Poi però c'ha anche detto che attualmente l'Inter è al 60 per cento, erano le 16 di ieri pomeriggio, a trenta ore circa dall'esordio. Allora s'è fatto un calcolo, se in due mesi di preparazione è arrivata al 60 per cento, a quanto potrà arrivare trenta ore dopo, 60,5?

Gli interisti poi sono così, sempre un po' diffidenti e qualcuno che gli vuol bene dice che è dovuto al fatto che in fondo siano un po' snob. Sono sempre stati un po' snob, staccati dal resto, non ha importanza cosa hanno fatto le altre, conta solo l'Inter. Giuro che ho amici che comprano la Gazzetta , vanno alle pagine dell'Inter, e poi la gettano.

Questo alle altre dà un po' fastidio, diciamolo, è una delle poche soddisfazioni rimaste in questo periodo post Josè. E prima di lui c'era proprio il Mancio che questa estate si è messo a smontare l'Inter come un giocattolo e poi, come spesso accade, quando si è messo a rimontarla si è accorto che gli avanzavano dei pezzi. E ne vuole altri. É riuscito perfino a prenderla bene: «Sì, è vero, avevo detto che avevo bisogno di almeno otto o nove giocatori nuovi, ma scherzavo. Poi se ne arrivano undici o dodici mica me la prendo». Ieri gli è anche venuto in mente che per mettere insieme una squadra che poi ha vinto tutto c'è voluto del tempo, lui c'era, poi è arrivato Josè. Ma è come se l'avesse chiamato lui, non il Massimo. Dopo l'eliminazione con il Liverpool disse che quella sarebbe stata la sua ultima stagione all'Inter, Moratti c'era rimasto molto male perchè sul Mancio aveva puntato forte e gli erano arrivati tre scudetti. Ricordo che a Parma, ultima di campionato, tre punti e scudo in tasca, Moratti mi disse: «Sono felice ma anche preoccupato. Mancini va via e io non ho ancora il sì di Mourinho. D'altronde come faccio a tenere il Mancio se ha detto che se ne va?».

Dentro quella preoccupazione c'era l'Inter, tutto l'amore e l'improvvisazione della squadra più bella del mondo, dai. Tormenta, ti svuota, ti sfinisce anche quando gira bene. Nella notte di Madrid, quella del Triplete, c'era in giro un puzza di vittoria che sbatteva fuori, si baciavano tutti, camminavano sulle acque, poi se ti avvicinavi ti dicevano: «Sì, bello, ma l'anno prossimo...». E ancora non era girata la voce di Florentino Perez sotto le mura del Bernabeu che aspettava Mou con la portiera aperta.

Adesso il sogno è ricominciare tutto daccapo, quando il Mancio era qui, Josè era al Chelsea, adesso il Mancio è qui e Josè è al Chelsea.

Mancano solo Maicon, Julio Cesar, Zanetti, Cambiasso, Eto'o e Milito, poca roba, il Mancio li sta cercando, magari li trova.

Non subito, lui non lo può dire, non può svegliarci, e quando dice che la squadra è lì assieme a quelle che lotteranno per il titolo ci crede al 60 per cento, come l'Inter di questa sera.

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