Il centrodestra è pronto a consegnare il piano rom al voto della giunta venerdì prossimo alla Corte dei conti, i quartieri si ribellano allassedio (ieri è stata la volta del comitato di viale Jenner), ma il bello è che persino i nomadi protestano contro le strategie della giunta Pisapia. Che per chiudere i campi regolari e smantellare quelli abusivi ha deciso di attuare sgomberi «soft», convincendo le famiglie a liberare le aree in cambio di un aiutino economico. In pratica, i 5 milioni di euro dellex Piano Maroni-Moratti bloccati dallanno scorso in prefettura dopo che il Consiglio di Stato ha bocciato i poteri straordinari al prefetto per lemergenza ron, non appena saranno nelle disponibilità del Comune verranno spesi per aiuti a pagare il mutuo o laffitto, per agevolare i rimpatri. Si parla in media di 8mila euro a famiglia per la casa. Non assegnati direttamente da Palazzo Marino ovviamente, ma per mezzo delle associazioni del terzo settore, ruolo forte alla Casa della carità di don Virginio Colmegna. Ma la Consulta rom e sinti ieri ha rilevato «alcune mancanze e incongruenze» nel piano di Pisapia. «Saremmo contenti - scrivono intanto - se non notassimo che il piano sia stato presentato come un percorso già definito e ci domandiamo dove sia il contributo di chi si occupa da anni di questo tema, organizzazioni di rom e sinti e associazioni». Tagliati fuori, insomma. Secondo, «non condividiamo la scelta di usare i fondi destinati allinclusione in progetti senza futuro e già falliti con la chiusura di Triboniano, come gli 8mila euro una tantum per la casa, che sembrano più un mezzo per liquidare la questione che una strategia di integrazione».
Di fronte alle polemiche già sollevate dal centrodestra, ieri gli assessori Marco Granelli e Piefrancesco Majorino hanno voluto assicurare che «non esiste una corsia preferenziale nè un piano per assegnare case ai rom, vogliamo garantire canali ordinari di accesso alle graduatorie per le abitazioni pubbliche senza alcun favoritismo».
La verità, come spiega il consigliere Pdl Riccardo De Corato, «è che le case ai rom verranno date con soldi pubblici, attraverso le convenzioni con il volontariato». Non le case popolari insomma, ma quelle gestite dal terzo settore foraggiato da Palazzo Marino. Il risultato non cambia, e neanche la beffa per le 30mila famiglie milanesi in lista dattesa per un alloggio.
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