Bacchettate, schiaffi, minacce. Così, due «insegnanti» senegalesi pretendevano di trattare una decina di allievi affidati loro in un centro islamico di Monza, il «Nourou Dareyni Touba».
Vittime di questi violenze, bambini dai 5 ai 10 anni, che venivano rinchiusi in uno stanzino per punizione e maltrattati col pretesto del loro presunto «scarso impegno».
Ieri mattina, nell'ambito di un'indagine coordinata dalla Procura di Monza, i Carabinieri del Nucleo investigativo brianzolo hanno eseguito le misure cautelari. I due cattivi maestri sono stati individuati e sottoposti uno agli arresti domiciliati, l'altro all'obbligo di firma in caserma, mentre la sede dell'associazione è stata chiusa. Le indagini erano partite a maggio, dopo una segnalazione del servizio Tutela minori di Seregno, e hanno consentito di documentare le responsabilità dei due senegalesi, arruolati nel centro islamico col compito di «istruire» gli scolari.
Le «moschee» attive nelle città italiane, oltre a espletare funzioni di preghiera, di frequente svolgono anche servizi di tipo «sociale». Fra i più richiesti, questi «dopo-scuola» in cui accanto allo svolgimento dei normali compiti compare spesso lo studio del Corano o della lingua d'origine. Purtroppo questa attività a volte si rivela contraria a ogni elementare regola, ed è proprio quello che è successo nel caso di Monza. Un caso non isolato, a dire il vero. Poco meno di due mesi fa sono stati resi noti i dettagli di una storia simile: a Padova un imam di origini bengalesi è stato arrestato con accuse analoghe, con sette bambini vittime di bacchettate, botte e punizioni. L'imam, al momento dell'arresto, si è mostrato incredulo: «Se non studiavano, io li punivo - così ha detto secondo quanto riportato dal Corrieredelveneto - Nel mio Paese si fa così, non sapevo che qui fosse un reato». Ebbene, quell'imam era stato chiamato a sostituire un altro, espulso a sua volta per violenze e antisemitismo. Un mese fa, nei pressi di Treviso è stato arrestato un altro imam originario del Bangladesh: picchiava i bambini con un bastone. E sempre a Monza due settimane fa si è parlato di un ragazzino di 13 anni che non si è potuto presentare a scuola a causa delle percosse subite dal padre, che avrebbe perso le staffe non vedendolo abbastanza assiduo nel frequentare la moschea.
Ora questo nuovo caso. Per Massimiliano Capitanio, deputato leghista, è «emblematico di come qualcuno intenda l'integrazione e l'educazione». «Quando chiediamo telecamere di videosorveglianza nelle strutture per anziani e nelle scuole materne - ha aggiunto - è evidente che un'attenzione uguale se non maggiore vada riservata a questi luoghi». Capitanio invita tutti i Comuni a «controllare fino in fondo le attività di certi centri culturali che spesso altro non sono che moschee non autorizzate».
«Purtroppo le madrasse' in Italia e in Lombardia sono già una realtà ed eccone le nefande conseguenze - commenta anche il deputato Paolo Grimoldi (foto) segretario regionale della Lega - Sarebbe questa l'integrazione che auspichiamo?».
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