Una telefonata al padre ha fatto scoprire la prigione

Una telefonata al padre ha fatto scoprire la prigione

Salvataggio a tempo di record di una ragazza romena di 18 anni, portata in Italia con un trucco per essere avviata alla prostituzione e liberata dai carabinieri di Milano e San Donato. Mentre i colleghi di Sesto San Giovanni dopo un anno di indagini hanno arrestato nove sfruttatori, liberando diverse ragazze, alcune minorenni, tenute quasi in schiavitù con la violenza e le minacce.
La prima operazione è scatta lunedì 30 aprile quando una ragazza si è presentata alla tenenza di San Giuliano, raccontando di una sua amica segregata in una appartamento del milanese. La ragazza era appena arrivata in aereo da Bucarest insieme al fidanzato Alin Rizea, 28 anni, che le aveva prospettato un lavoro pulito in un bar. Portato in una appartamento di via Abba dove vivono altri due romeni, Remus e Ioanna Papartac, di 23 e 22 anni, capisce subito quala sarà la sua sorte. Ma in un momento di distrazione dei suoi connazionali riesce a chiamare il padre. Spiega cosa le è successo e, non sapendo dove si trova, si affaccia alla finestra e racconta quel che vede: in particolare un supermercato della catena In Coop. I carabinieri individuano ben presto la cella agganciata dal cellulare della diciottenne mentre dalla lista di imbarco del volo Bucarest-Milano risalgono al nome di Rizea e quindi all’appartamento di via Abba. Il 1° maggio vanno a cercare i quattro romeni ma non li trovano a casa. Individuano però Ioanna in un locale notturno dove aveva portata la ragazza per adescare clienti. Alla fine tutti in caserma dove per i Rizea e i due Papartac scatta l’arresto.
Altre nove persone sono invece state ammanettate dai militari di Sesto San Giovanni che dallo scorso aprile stavano indagando su un giro di prostituzione tra Milano, Monza e Como, gestito da due bande» una composta da quattro romeni, l’altra da tre albanesi e due italiani. I gruppi oltre a gestire circa 25 ragazze, molte delle quali minorenni, trafficavano in cocaina, un paio di chili al mese, e hashish. Nella primavera del 2011 una delle vittime era stata fermata per un controllo e aveva raccontato del terrore in cui era caduta da alcuni mesi. Il marciapiede, le minacce e le botte se non portava ai suoi sfruttatori abbastanza soldi. Messa in una comunità protetta i carabinieri hanno proseguito le indagini individuando anche una minorenne, anche questa liberata immediatamente fingendo un casuale controllo.

Alla fine, raccolti tutti gli elementi, sono scattate le manette. Nel corso delle perquisizioni in sette abitazioni sparse nel milanese, sono saltati fuori tirapugni e machete, ma non la pistola calibro 6.35 utilizzata in un tentato omicidio.

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