Con Teodolinda torna a splendere il tesoro di Monza

Dopo sei anni, restaurata la cappella con gli affreschi sulla regina longobarda

Dopo sei anni di lavori, la Cappella di Teodolinda torna a risplendere. Altro verbo non è dato utilizzare, ché ad aggirarsi sui ponteggi usati dai restauratori nel Duomo di Monza quasi si rimane storditi dagli ori, dai lapislazzuli e dai colori usati per decorare quella che è universalmente considerata come una delle imprese più ardite e complesse del tardo gotico. Narra la storia che Teodolinda, la bella regina bavarese e cattolica, vedova dopo solo un anno di matrimonio del suo Autari, ebbe il privilegio di scegliersi il secondo marito, Agilulfo, e di farne il re dei Longobardi. La leggenda aggiunge che scelse dove edificare la sua residenza estiva: un giorno, lungo una battuta di caccia attorno al Lambro, le sarebbe apparsa una colomba che sussurrò la parola «modo» (qui in latino) cui Teodolinda rispose «etiam» (sì). E Modoetia fu proprio il primo nome di Monza, la città in cui la regina longobarda fece costruire la chiesa che avrebbe ospitato le sue spoglie. Secoli dopo, e grazie ai Visconti, Monza omaggerà la «sua» regina costruendo nel duomo una cappella a lei dedicata e firmata dai maestri Zavattari, i decoratori più raffinati del Quattrocento.

Oggi, a restauri ultimati che abbiamo visto in anteprima, quella cappella ripulita provoca una vertigine: quarantacinque le scene che narrano la storia della regina dei Longobardi, centinaia i personaggi (addirittura ottocento) rappresentati su una superficie di cinquecento metri quadrati su cinque registri sovrapposti che la restauratrice Anna Lucchini, con uno staff di dodici persone, ha restaurato con cura certosina. «Restituiamo questo gioiello all'Europa e all'Italia», ci dice soddisfatto Franco Gaiani, presidente della Fondazione Gaiani che tutela e valorizza il patrimonio artistico del duomo. Ci sono voluti circa tre milioni di euro per portare avanti il progetto di restauro e riqualificazione, soldi finanziati dalla stessa Fondazione Gaiani con il World Monuments Fund Europe, la Marignoli Foundation, la Regione Lombardia e la Fondazione Cariplo. «È stato un restauro molto complicato – spiega Lucchini – perché la tecnica usata dagli Zavattari non è stata quella tradizionale dell'affresco su muro ma della tempera a uovo o a olio. Era una tecnica molto diffusa all'epoca, tipica di una pittura raffinata, fatta per brillare e stupire. Abbiamo contato almeno sedici mani di pittori diversi che lavorarono ai decori».

Il restauro ha tolto i rifacimenti e le ridipinture di epoca napoleonica e i goffi restauri ottocenteschi, oltre alle polveri e alle muffe causate dall'umidità: oggi si possono ammirare le decorazioni a rilievo delle vesti, le dorature raffinate, i porpora e i blu degli abiti, le lacche rosse e verdi, gli abiti damascati. L'intervento non è stato solo conservativo: i light designer Francesco Iannone e Serena Tellini hanno studiato nuovi modi di illuminare l'opera degli Zavattari grazie a sofisticati Led.

Sfruttando le scale dei ponteggi usate dai restauratori, fino ad aprile si potrà ammirare la cappella con visite guidate in piccoli gruppi (info 039.326383): una visita ravvicinata della volta decorata che vale davvero la pena di compiere.

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