Fare (presto) di via Corelli un centro per il rimpatrio. Nei giorni in cui pare profilarsi un nuovo allarme, la ricetta della Regione è questa: tornare al vecchio Cie nella periferia est di Milano (nei pressi di Linate) e utilizzarlo per rimpatriare i migranti senza titolo, quindi immigrati cui è stata negata protezione in Italia, migranti di ritorno da altri Paesi e transitanti (persone che qui non hanno inoltrato alcuna domanda di asilo, perché puntano ad altri Stati).
L'apprensione sul caso è tornata a salire. E mentre il fronte del mare sembra sotto controllo - grazie alle misure prese negli ultimi mesi, ora consolidate dal Viminale - è dai flussi di terra che arrivano nuovi motivi di preoccupazione per gli enti di governo del territorio. Due giorni fa è stato il Comune a riaprire la questione, con l'assessore al Sociale Pierfrancesco Majorino che si è rivolto provocatoriamente al governo nazionale, denunciando il sostanziale disinteresse statale per una «dinamica» che si sta riproponendo, con effetti ben visibili nell'area della Centrale, quella dei «transitanti». «Si tratta di diverse decine di persone (stimiamo circa 200) - ha detto - che si concentrano prevalentemente nelle zone di Porta Venezia e della stazione e che arrivano ovviamente dalla Sicilia e da altre città italiane».
Subito si è aperto il confronto. Anche sui Cpr, i centri per il rimpatrio. E mentre l'assessore regionale alla Sicurezza, Riccardo De Corato, ha prospettato la soluzione del Cpr, Majorino ha risposto indispettito: «De Corato non sa di che parla. Al di là della mia personale opinione - ha ribattuto - per attuare quel tipo di soluzione ci vorrebbero o ci vorranno mesi. Regione deve spiegare come aiuta le città nelle prossime settimane». La consigliera regionale Barbara Mazzali (Fdi), ha fatto presente che la soluzione Cpr è stata approvata dagli assessori regionali in Conferenza Stato-Regioni. Quanto ai tempi, De Corato non ha in mente soluzioni di lungo periodo, ma una rapida riconversione di via Corelli, l'area demaniale che da Centro di identificazione ed espulsione nel 2014-2015 era stato trasformato in centro di accoglienza profughi. E, per l'assessore (che era vicesindaco ai tempi del Cie), due settimane possono bastare per tornare all'antico, mantenendo una presenza della Croce rossa. Nei prossimi giorni, De Corato terrà un sopralluogo proprio in via Corelli. «Lo Stato non è una onlus o una ong - replica a sua volta l'assessore regionale al collega del Comune - Allora prima di prenderli in carico e fare appelli al governo, bisogna sapere innanzitutto chi sono e quali documenti hanno». La preoccupazione del Pirellone si riferisce anche al possibile esito del braccio di ferro a livello europeo, col ministro dell'Interno tedesco che ha già annunciato di voler inviare nel nostro Paese i profughi che sono stati registrati in Italia prima di presentarsi alle frontiere della Germania. E mentre aspetta l'esito del vertice italo-tedesco, De Corato - quando pensa a via Corelli - si riferisce ai migranti che tornano, ai transitanti e in generale a quelli che non hanno diritto (fatti salvi bambini e donne incinte).
In tema di migranti, inoltre, in Regione hanno in mano uno studio, autorevolmente curato da «Polis» e Orim, l'osservatorio per l'integrazione e la multietnicità, che attesta come gli stranieri in Lombardia siano arrivati nel 2018 a un milione e 154mila (57mila in più del 2017 se si considera, oltre all'aumento di 14mila stranieri residenti,
anche le 42mila acquisizioni di cittadinanza). «È una leggenda metropolitana che i migranti siano diminuiti - attacca De Corato - la Lombardia sta ospitando il più alto numero di migranti in Italia. Cosa vogliono di più?».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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