Coronavirus

"Trivulzio, più anziani salvi che nelle altre strutture"

Il presidente del Pio Albergo Trivulzio fa il bilancio dei 5 anni di incarico. E ora vuole difendere l'ente dai troppi attacchi ingiusti

"Trivulzio, più anziani salvi che nelle altre strutture"

«In quei mesi ho molto sofferto, ho dubitato anche... Erano i giorni delle foto delle bare, del calvario di Bergamo, degli anziani decimati nelle case di riposo. Ma oggi possiamo dire che al Trivulzio abbiamo salvato più vite che in altre strutture pubbliche o private a Milano e in Lombardia». Maurizio Carrara, 66 anni, bergamasco, tira le somme del quinquennio appena concluso come presidente del Consiglio di indirizzo degli Istituti milanesi Martinitt e Stelline e Pio Albergo Trivulzio. Pochi giorni fa ha consegnato la Comunicazione sulle attività 2015-2020, un lungo capitolo è dedicato alla gestione dell'emergenza Covid-19. Indicato nel 2015 dal sindaco Giuliano Pisapia, Carrara ha ricoperto l'incarico a titolo gratuito (come tutti i consiglieri), con lo spirito del civil servant. Lui che ha dedicato la vita al mondo del volontariato, ha fondato 35 anni fa il Cesvi, è stato ai vertici della Società editoriale Vita, poi ha presieduto la Unicredit Foundation. Ora difende con orgoglio l'istituzione di cui ha fatto parte.

Dottor Carrara, ha scelto di parlare solo dopo la relazione della Commissione di verifica sull'emergenza Coronavirus all'interno del Pat.

«Un gruppo composto, tra le altre, da personalità del livello di Gherardo Colombo e Giovanni Canzio. La magistratura compirà il proprio lavoro, ma i risultati della Commissione mi hanno liberato da un peso morale enorme. E hanno sanato una ferita profonda. Hanno messo nero su bianco le statistiche che dicono che gli anziani di Milano si sono salvati più dentro il Trivulzio che in altre strutture».

Se le chiedessero «lei dov'era in quei giorni terribili»?

«Risponderei che il 23 febbraio è stata istituita un'Unità di coordinamento e come responsabile è stata nominata una virologa esperta. Io ricevevo aggiornamenti ogni 48 ore».

Come valuta la gestione dell'emergenza al Pat?

«È stata gestita in maniera coscienziosa, nei limiti consentiti in quel momento. I pazienti con sintomi, anche senza tampone, sono stati subito isolati».

Come ha vissuto gli attacchi mediatici di quei giorni?

«Molto male, non solo io, ma tutti coloro che lavorano al Pat. Si immagini: medici, infermieri, operatori che hanno svolto un lavoro a rischio e in più subivano aggressioni dall'esterno. I medici degli ospedali erano considerati eroi, invece i nostri venivano attaccati. Ma hanno fatto lo stesso lavoro e con meno strumenti a disposizione».

Veniamo al bilancio della sua attività. Intanto un giudizio generale.

«Per me è stata un'esperienza unica, appassionante. Ho abbinato il cuore, lavorando per le persone, alla testa, impegnandomi per sistemare le cose, i numeri. Il legame affettivo con il Pat durerà per molto tempo».

Quali sono i risultati economici più importanti?

«La forte riduzione dell'indebitamento, praticamente dimezzato, e l'aumento dei ricavi. Nella nostra prima relazione, all'insediamento, dissi il Trivulzio è fallito. Avevamo un indebitamento di 100 milioni di euro e una perdita di oltre 13 milioni, su un fatturato totale di circa 90 milioni l'anno. In cinque anni abbiamo ottenuto un risultato strepitoso per un gruppo gestionale. Alla fine siamo vicini al pareggio di bilancio. E dico, il Pat è rinato».

Come avete fatto?

«Migliorando l'efficienza, ma prima di tutto mettendo mano a un patrimonio immobiliare da 400 milioni, attraverso vendite e adeguamenti al mercato degli affitti applicati ai nostri inquilini».

Gli immobili, altra pagina nera della storia della Baggina...

«Abbiamo inaugurato un nuovo corso. Faccio l'esempio di via della Spiga 5, un immobile da oltre mille metri quadrati. L'Agenzia delle entrate lo ha valutato 24 milioni, lo abbiamo venduto a 37. Con una procedura semplice e trasparente: buste chiuse, apertura davanti al notaio, ha vinto l'offerta più alta».

Come vede il futuro del Trivulzio?

«Da subito ho avuto un sogno, che non si è potuto realizzare ma che spero venga perseguito: dobbiamo portare la casa di riposo a casa delle persone. Migliaia di anziani abitano soli, hanno bisogni e non hanno risorse. Occorre raggiungerli, portar loro un servizio, dalla radiografia al parrucchiere. Rinviando il più possibile il ricovero in Rsa».

Nella Comunicazione ringrazia i due dg che si sono succeduti. Alla nomina di Giuseppe Calicchio, voluto dalla Lega, tra l'altro oggi indagato per il caso contagi, cosa ha pensato?

«Io sono di sinistra, certo, però mi creda, non giudico mai qualcuno dall'appartenenza politica. Se uno è brocco, lo è comunque. Se uno è bravo, è bravo. Non sono di parte, neppure se mi pagano...».

La ferita inferta alla Baggina è sanabile?

«Ai tempi di Mani pulite e Affittopoli si puntava il dito contro i ladri e chi violava la legge. Questa volta hanno attaccato un'istituzione che è nel Dna dei milanesi. Non avere i tamponi, come succedeva altrove, è molto diverso da voler nascondere i contagi e morti. E le mascherine sono state l'anello debole di tutti. Eravamo nel mezzo di una pandemia e non c'erano le motivazioni per un'aggressione tanto violenta.

Però il Pat ha 250 anni di storia alle spalle e sono convinto che sia più forte di chi gli ha dato addosso».

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