Non si esclude ancora nulla nella morte di Anna De Vita, l'ex sarta 83enne originaria di Fucecchio (Firenze) trovata senza vita il 10 aprile nel suo mini appartamento al secondo piano di via dei Giaggioli 9, al Lorenteggio. A scoprirla, una sua vicina di casa poco dopo le 11: la «signora» Anna (come la chiamavano tutti) è stesa sul pavimento vestita di tutto punto, la casa sottosopra. E il condominio-alveare comincia ad avere paura dinnanzi agli investigatori della squadra mobile che arrivano, invadendo questa casa di ringhiera e bussando alle porte per fare domande.
Dopo che l'autopsia rivelerà che quell'anziana signora - molto riservata, dal portamento distinto e la crocchia di capelli acconciata con la cura di chi si sa pettinare - non è riconducibile a un atto violento, l'indagine si arena un po'. La polizia ci lavora sempre e l'ipotesi di reato, su cui punta dal primo momento il capo della Mobile Alessandro Giuliano e i suoi collaboratori, resta quella dell'omicidio. Tuttavia l'opportunità di catturare un possibile assassino si allontana sempre più.
Anna De Vita era una donna particolare. Viveva sola, non aveva mai avuto una famiglia e i parenti - una sorella ultranovantenne residente anch'essa a Milano, un fratello anch'egli molto più anziano di lei e un nipote che abitano in Toscana e la vedevano raramente - non hanno fornito particolari elementi sulla sua esistenza. Silenziosa anche se sempre pronta a salutare educatamente chi incontrava, come spiegano i vicini, l'ex sarta non aveva mai invitato gente in casa per un caffé. A parte un'eccezione: sette mesi prima aveva aperto la porta dell'appartamentino di 33 metri quadrati a un ragazzo romeno 24enne padre di famiglia, che vive nel bilocale accanto al suo, per farsi riverniciare la porta. A lui aveva raccontato come qualche mese prima era stata buttata a terra per strada, vicino a casa, da un uomo che aveva tentato di strapparle la collanina, ma lei (e l'intervento di una vicina) aveva costretto il balordo a demordere. «In quella occasione le avevo dato il mio numero di telefono nel caso avesse avuto bisogno, ma non mi ha mai chiamato» conclude il ragazzo che gli investigatori, com'è ovvio, hanno rivoltato come un calzino: entrando in casa di una donna dalla vita sociale così chiusa, che non faceva confidenze a nessuno e che probabilmente riteneva il suo appartamento un ambiente inviolabile, infatti il romeno ha potuto godere di un trattamento in un certo senso privilegiato e notare cose che altri non sapevano nemmeno esistessero in quelle due stanzette.
La polizia però è ormai certa che il giovane non c'entri nulla con la morte della povera signora Anna. Così tra chi investiga comincia a farsi largo a grandi passi l'ipotesi che la pensionata sia morta per un malore dopo aver scoperto il furto. Di ritorno a casa la donna infila la chiave nella porta d'ingresso e già lì, sul ballatoio, aprendo l'uscio, si accorge che qualcosa non va all'interno.
Nel luglio dell'anno prima un'estranea, pregandola di farle usare il suo bagno, ne aveva approfittato per raggirarla e sottrarle 60mila euro tra gioielli e denaro. Anna De Vita aveva sporto denuncia ma la malvivente non l'avevano trovata. L'8 maggio scorso (secondo l'autopsia la poveretta sarebbe morta un paio di giorni prima del ritrovamento del cadavere e infatti erano circa 48 ore che nessuno l'aveva più vista) l'ex sarta non ce la fa.
Forse cerca un gruzzoletto di denaro che teneva nascosto o semplicemente si sente male davanti alla violazione del suo piccolo sancta sanctorum, il cuore le cede, si accascia a terra, si allunga, cerca di riprendersi e non ce la fa.
È tutto molto lineare, normale, compatibile con gli elementi in possesso degli investigatori. È tutto molto triste.
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