Tutt'Italia in formato «street food»

A Milano negli ultimi anni è nata una nuova generazione di locali per «viaggiare» dalla Sicilia al Friuli

Non solo globalizzazione, non solo Oriente, non solo cucina fusion. La Milano post-Expo è invece un luogo che ama ancora i piatti delle tradizioni regionali, quelle che ci rimandano alle vacanze a Ortigia o nel Salento, con i profumi e i sapori della cucina di una volta. Una passione che contagia anche i giovanissimi; altrimenti non si spiegherebbe il perchè del fiorire in questi ultimi anni di una nuova generazione di locali che ripescano - anche rivisitati - i piatti tipici delle varie aree del Belpaese. E, dagli arrosticini abruzzesi agli arancini siciliani c'è di che sbizzarrirsi. Venti regioni e un patrimonio enogastronomico così ampio che un italiano medio difficilmente riuscirà a provare, in un'intera vita, tutti i piatti della tradizione. Un patrimonio che nel tempo stava seriamente rischiando di avviarsi verso l'oblio, ma che recentemente sta vivendo una riscoperta: non a caso le frequenti citazioni e le nuove pubblicazioni de «L'Artusi», il manuale che descrive tutte le ricette della tradizione italiana, pubblicato nel lontano 1891. Ristoranti dalle caratteristiche così tipiche che non possono non essere portate sulla piazza sempre più internazionale di Milano. Ma il format si fa nuovo e si allarga a un pubblico giovane e abituato a girare il mondo, oltre a quello degli stranieri che sotto la Madonnina possono fare un viaggio appassionante in tutta la storia enogastronomica del Belpaese.

Dunque la parola d'ordine è: largo alla tradizione, ma con meno piatti impostati, più easy e veloci, in formato piccoli assaggini, nello stile delle tapas spagnole o dello «street food». Magari gustando a Porta Nuova i valtellinesi «sciàtt» infilati su piccoli stecchi, da passeggio o, come dicono loro, pret a porter. «Pret a mangèr», come diremmo noi.

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