Da vandali a bravi ragazzi: il riscatto dei minori difficili

Ai giovani viene chiesto di riparare ai reati commessi E così invece di un processo imparano l'utilità sociale

Il progetto «Bruciare i tempi» non a caso si chiama così. Per i ragazzi difficili, infatti, rappresenta una vera e propria occasione di riscatto personale e sociale evitando i recidivi e diminuendo i tempi processuali.

Creato da un'assistente sociale, Elena Giudice, insieme al sostituto procuratore della Procura presso il tribunale dei minori di Milano Ciro Cascone e a un capitano dell'Arma per l'azienda consortile «Offertasociale» di Vimercate, il progetto ha ottenuto adesioni importanti come appunto la Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minori e il comando provinciale dei carabinieri di Milano. Partner che ora hanno firmato un protocollo d'intesa mostrando di credere negli strumenti della mediazione e nella conciliazione per i minori a rischio, per ora quelli residenti nei comuni milanesi e brianzoli di Carate Brianza, Desio, Monza, Seregno, Vimercate, Trezzo sull'Adda e Pioltello.

Un paio di esempi? Dopo un vero e proprio «raid», compiuto da un gruppo di giovanissimi in una azienda agricola del Vimercatese, con danneggiamento di strutture, macchinari e alberi da frutto, a fronte di uno specifico percorso di conciliazione con i ragazzi e le loro famiglie e di un periodo di lavoro, i titolari hanno ritirato la querela nei confronti dei responsabili. Un secondo intervento ha riguardato un gruppo di 9 minori, responsabili del danneggiamento della palestra comunale di Bernareggio, che si sono attivati con la pulizia dei parchi e la manutenzione del verde.

Il protocollo d'intesa prevede l'immediata presa in carico del minore - solo se autore di reati (sia che si proceda a querela o d'ufficio) dei quali si dichiara responsabile e che non richiedano quindi complesse attività investigative - da parte dei servizi sociali, incontri con lui e la sua famiglia, nonché l'inserimento in programmi socialmente utili, sia presso enti pubblici, sia in favore delle parti offese.

«L'idea è di riuscire di accelerare il più possibile i tempi dalla denuncia alla segnalazione dei servizi sociali - spiega Elena Giudice -. La procura di Milano ci segnala i casi alla chiusura d'indagini, dopo parecchi mesi. E così si perde la parte più emotiva, ed emozionale - invece importantissima per il contesto penale - di connessione con quello che è successo. Quindi puntiamo molto al coinvolgimento delle vittime, che di solito non hanno voce in capitolo nel procedimento penale.

E tutti coloro che vivono sul territorio perché gli atti vandalici e di danneggiamento provocano una “sofferenza“ della cittadinanza e per questo vanno affrontate nel comune dove avvengono, anche insieme alle forze dell'ordine e portate avanti da gente che già lavora lì: un assistente sociale che lo impara poi lo può mettere in atto in altre situazioni, ad esempio conflitti tra vicini di casa, no?»

«Con questo tipo di conciliazione ci si incontra e si chiede scusa - conclude la Giudice -, ma vittime e ragazzi concordano anche un'attività concreta di riparazione».

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