«La polizia vi ha spiegato che per evitare di farmi rapinare da quei ragazzi mi sono chiuso nel negozio come in un fortino? È vero, li avevo visti arrivare. E quella sarebbe stata la terza volta in un giorno che mi saccheggiavano gli scaffali. Meglio evitare, no?».
È un sorriso amaro quello del bengalese proprietario del minimarket di via Crescenzago che ancora teme la baby gang che lo ha aggredito il 16 aprile ed è stata catturata in parte lunedì all'alba dagli investigatori del commissariato di Lambrate diretti dal vicequestore Anna Bruno. Il commerciante straniero non si può certo biasimare. Quello che ci ha raccontato è quasi una fotocopia della narrazione del venditore ambulante bengalese assalito dalla banda di giovanissimi qualche giorno prima, il 12 aprile in via Padova e che incontriamo in piazza Udine, costretto a portare ancora il collare ortopedico per i calci sferratigli dai «ragazzini». «Si divertivano a terrorizzarmi e per un po' sono riuscito a evitarli, non saprei dirvi come - racconta il 51enne -. Il giorno dell'assalto uno solo era armato di un coltellino, gli altri hanno arraffato dalla bancarella un po' di tutto - orecchini, sciarpe, cappelli - e quando mi sono ribellato mi hanno picchiato con una violenza mai vista».
La novità è che, dopo i cinque arresti di lunedì, l'inchiesta sulle «prodezze» della baby gang prosegue a pieno ritmo. Ci sono infatti ancora tante denunce, circa una quindicina, presentate alle stazioni dei carabinieri e in altri commissariati, anche nell'hinterland, e che porterebbero a inchiodare la banda per una ventina di colpi in tutto nell'arco di sette mesi, da ottobre 2018 all'aprile di quest'anno. Tra questi ci sono i quattro colpi e la tentata rapina - tutti realizzati ad aprile - per cui al momento sono stati formalmente incastrati i quattro giovani italiani, due quattordicenni, un quindicenne (il leader carismatico del gruppo) e una sedicenne, insieme a un pakistano di 14 anni. Accusati di aver rapinato minimarket e venditori ambulanti picchiando i titolari, tra cui una donna cinese all'ottavo mese di gravidanza. Nel loro mirino piccoli negozi o attività a conduzione familiare perlopiù di proprietà di asiatici nella zona tra Lambrate, Crescenzago, piazzale Loreto e via Padova, tutti rigorosamente privi di telecamere. Nelle prossime settimane, inoltre, potrebbero essere inchiodati altri tre giovani complici che, come i cinque minori già arrestati, frequentano la scuola media «Quintino Di Vona» di via Sacchini, una traversa di via Porpora.
Il riferimento all'istituto scolastico non è marginale, tutt'altro. «Hanno aggredito nei corridoi della scuola anche un altro allievo per rapinarlo e lo hanno mandato all'ospedale» spiega una insegnante. Quando le chiediamo di che tipo di ragazzi si tratta la prof risponde senza tentennare: «Tutt'altro che stupidi, sa? Ragazzi intelligenti...Se solo studiassero e fossero seguiti dai genitori visto che non appartengono a famiglie problematiche, ma solo assenti».
Ci sono poi le testimonianze dei genitori di altri allievi dell'istituto e iscritti al profilo Facebook «Lambrate Informata», adulti che insistono sul terrore seminato dalla baby gang. «Nei mesi scorsi c'era una tale paura che persino una radio milanese ne aveva parlato durante una trasmissione» spiega una madre.
Secondo i racconti di residenti della zona, prof e studenti, la baby gang era attiva almeno sin dall'ottobre scorso nella zona a nord est di Milano.
E a testimoniarlo ci sarebbero stati vari profili Facebook, aperti e chiusi dalla gang nel giro di pochi giorni e contenenti, grazie alla funzionalità «storie», raccolte di foto e video visibili per 24 ore ma solo dagli amici. In queste immagini i giovani rapinatori si vantavano delle prodezze con frasi come: «Siamo i più forti».
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