Due pesi e due misure. All'interno della polizia locale di Milano, la decisione del Comune di costituirsi parte civile nei confronti di Alessandro Amigoni - il «ghisa» che al Parco Lambro, nel febbraio scorso, uccise un immigrato cileno durante un inseguimento - è stata accettata, anche se con qualche disagio. Alcuni tra i colleghi di Amigoni avrebbero preferito che il Comune aspettasse l'esito del processo prima di prendere con nettezza posizione contro un vigile che continua a proclamarsi innocente. Ma la maggioranza si rende conto che la scelta di Palazzo Marino era praticamente obbligata, davanti alla gravità dei fatti contestati a Amigoni.
Quello che non va giù a molti uomini della «locale» - e il dissenso trova sfogo sul sito della Cisl di categoria - è che la stessa prontezza di riflessi il Comune non l'abbia avuto nei confronti dei responsabili della morte di Niccolò Savarino, il vigile di quartiere travolto e ucciso da un Suv guidato da un nomade lo scorso 12 gennaio. Nonostante la brutalità con cui Savarino venne travolto e ucciso, il Comune si è ben guardato dal costituirsi parte civile nei confronti dei nomadi inquisiti dalla Procura.
Contro l'autore materiale del delitto era impossibile tecnicamente scendere in campo: dopo lunghe indagini, si è assodato che Goico Jovanovic all'epoca del delitto aveva diciassette anni, e la legge non consente di costituirsi contro un minorenne. Ma nel fascicolo della Procura ci sono anche due maggiorenni, e uno di questi è stato estradato e processato: è Marko Gruenwald, serbo, che procurò a Goico Jovanovic i documenti per fuggire e che cercò di convincere al silenzio la testimone del delitto.
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