Alla Villa Reale

L'idea è di ribadire a tutti che oltre a pizza e mandolino c'era e c'è di più. Alla vigilia di Expo, ma anche in tempi in cui la squadra tedesca del Wolfsburg si permette di diffondere ai suoi tifosi consigli su come «sopravvivere» agli italiani e all'incontro di Europa League a Napoli, una risposta in punta di orgoglio viene dalla Villa reale di Monza dove, fino al 6 settembre, va in scena una «Expo dell'arte» per ricordare a tutti, stranieri ma anche a noi stessi, quanto il Belpaese sia stato fin dal Cinquecento la meta privilegiata di uomini di cultura di tutta Europa. Il Grand tour ottocentesco è stato ben più di una trasferta. E soprattutto l'Italia resta, nonostante tutto, l'emblema del bello.

«Monumenti, opere d'arte, dolcezza del clima, cerimonie religiose: si partiva in viaggio e lo si fa ancora oggi proprio per gustare questo mix irripetibile, cui ben prima di Expo, possiamo aggiungere il cibo e anche l'umanità e la ricchezza delle tradizioni popolari», hanno spiegato le due curatrici Caterina Bon Valsassina e Sandrina Bandera che vi hanno lavorato per tre anni grazie al prezioso sostegno di Giulio Properzi. La mostra «Il fascino e il mito dell'Italia, dal Cinquecento al Contemporaneo» è stata pensata per «rinfrescare» la memoria sul valore dell'Italia nel mondo delle arti: al piano nobile di Villa reale sono arrivate 90 opere da oltre 60 istituzioni italiane ed estere, fra cui Louvre, Prado ed Hermitage, in un percorso che permette anche di ammirare gli spazi restaurati della villa. Accanto, il teatrino della villa sarà il prossimo gioiello ad essere «curato» grazie al contributo di 1,5 milioni stanziati dal Ministero dei beni culturali. Intanto, l'esposizione promossa dalla Regione con la regia del Consorzio Villa reale e parco di Monza, Skirà e Cultura Domani è riuscita in un record: riunire sotto lo stesso tetto e in ordine sparso Picasso, Correggio, Cranach e Van Dyck, Canova e Rodin, Tiziano Matisse e Dalì, Moore, la Abramovic e perfino Warhol con la sua Falce e martello. «L'Italia è sempre piaciuta – ha spiegato Bon Valsassina – ma in modo diverso dal Cinquecento a oggi». La mostra spiega perché. Si comincia «ab ovo», anzi da Eva riletta da Cranach il Vecchio nel Cinquecento, secondo i canoni della bellezza classica. Poi è la volta dei ritratti e di quanto Tiziano abbia fatto scuola. Una grande sala accoglie l'eredità di Caravaggio: giocano a dadi o alle carte i personaggi delle riletture di Theodoor Rombouts e Valentine De Boulogne de «la negazione di Pietro». Nessuno come il maestro, però. Per il paesaggio ecco le tele che Gaspar Van Wittel dedica a Venezia e Castel Sant'Angelo, mentre l'eruzione del Vesuvio torna nelle tele di Pierre Volaire e Thomas Jones così come è Stromboli il protagonista del lavoro di Marina Abramovic.

Avanti e indietro nei secoli, si arriva al Giovane pescatore napoletano con tartaruga: lo ha scolpito Francois Rude nel 1883 e sembra un piccolo scugnizzo di oggi così come Jean-Leon Gerome in Souvenir d'Italie ritrae la fatica e il sorriso delle donne del Sud. Un souvenir del Belpaese, bello allora come oggi. Fuori e oltre Expo.

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