«Wanted» per la ladra di via Sarpi

«Wanted» per la ladra di via Sarpi

«La signora è stata sorpresa a rubare tre borse e sei cellulari. I cinesi hanno deciso di appendere la sua foto in vetrina. È giusto? No, ma ai cinesi tutto è permesso. È anche vero che la signora, di cui si lamentavano altri commercianti, non si è fatta più vedere nella zona». Carlo, napoletano, 75 anni, gira nel centro commerciale cinese di via Sarpi numero civico 31/33. Va lì a dare una mano in amicizia.
Poche parole per commentare la foto segnaletica appesa in vetrina, scritta in orientale e anche in un italiano tradotto scorrettamente: «Signora insieme a un uomo, sono dei LADRI. Persona incivili che rubano e a volte pensano di essere furbi. Invece sono LADRI. Il centro è vigilata. Noi denunciamo!!!!». Tralasciando l'antico principio di cavalleria, per cui non si vede il perché l'immagine sia solo della donna e non dell'uomo, il caso crea stupore, sconcerto ma anche approvazione. «E' una vicenda da bloccare immediatamente. Stiamo tornando al «Wanted» del Far West? Nessun privato cittadino può permettersi di agire in questo modo, senza che ci sia una sentenza di condanna. Anche ci fosse, non è ammissibile una cosa del genere in caso di furto. In America esistono le fotografie segnaletiche ma sono di persone pericolose per l'incolumità dei cittadini. Spero che le forze dell'ordine rimuovano quanto prima questa vergogna» commenta l'avvocato Francesca Passerini, vicepresidente di AL, Assistenza legale.
Alcune ragazzine si fermano davanti all'immagine della donna con capigliatura bionda e cappotto nero. Sono sbigottite. «Non mi piace questo sistema» dice Carlotta, 18 anni. Forse ha un profilo su Facebbok e il pensiero elabora un futuro in cui ognuno di noi, dotato di un cellulare, potrebbe postare su Facebook la foto di un altro sorpreso magari a prendere un pacchetto di farina al supermercato. Una società basata sulla diffamazione capillare, una società che spia il vicino in ogni movimento, una società in cui ognuno può permettersi di giudicare il prossimo esponendolo alla pubblica gogna. Una società che colpisce solo i piccoli malfattori e invece di ricorrere alla legge decide di farsi giustizia da sè.
«Ho questa attività da quarant'anni. I furti sono regolari, ma non approvo questo sistema - dice Patrizia, nel bel negozio di frutta e verdura, poco lontano dal centro commerciale -. I ragazzini passano, intascano una mela, alcuni anche di più. Non è corretto, ma non farei mai una cosa del genere». Patrizia racconta il fascino di Poalo Sarpi quattro decenni orsono, quando la strada aveva tutto un altro stile, e aggiunge: «Non possiamo lamentarci dei nostri vicini orientali. Sono educati. Alcuni sono danarosi e signori, ma non è condivisibile quanto hanno fatto con la fotografia in questione».
In pieno accordo con i cinesi è invece Paola dentro la boutique «Red».
«Dovremmo imparare da loro. Poco tempo fa un signore è entrato nel negozio d'abbigliamento maschile, ha infilato una giacca di pelle sotto il cappotto e se n'è andato. Non ne possiamo più.

È sufficiente che una cliente si distragga e spariscono portafogli e cellulari». È sera. I negozi si spengono. L'immagine di chi è stato sorpreso a trafugare un oggetto resta, visibile al buio, quando anche gli oggetti scompaiono.

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