Mimose al Quirinale

RomaFuori, davanti all’ingresso, ghirlande di mimose in fiore. Dentro, nel Salone dei Corazzieri, 150 donne «emerse» nei vari settori della società. Ci sono anche tre ministre, Mara Carfagna, Mariastella Gelmini e Giorgia Meloni, tre vicepresidenti di Camera e Senato, Emma Bonino, Rosi Mauro e Rosi Bindi, una governatrice, Renata Polverini, qualche sindachessa, la segretaria della Cgil Susanna Camusso, dirigenti, scienziate, artiste, manager varie. Insomma troppo poco perché, come dice Giorgio Napolitano, la «parità è lontana e il divario risulta dai rapporti internazionali, nella rappresentanza politica, nei media, in qualche carriera pubblica e soprattutto con strozzature nell’accesso al lavoro».
Dunque, si festeggi pure l’8 marzo, ma sapendo che c’è molto da fare. «L’impegno femminile è uno degli indicatori principali di maturità e salute di un sistema democratico», peccato che da noi il divario sia ancora profondo. «Per una parità sostanziale bisogna incidere sulla concezione del ruolo della donna - spiega il capo dello Stato - sulla cultura diffusa, sugli squilibri persistenti e capillari nella relazioni tra generi, così come su un’immagine consumistica che la riduce da soggetto a oggetto, propiziando comportamenti aggressivi che arrivano fino al delitto».
E spetta proprio alle donne cercare di cambiare, non solo questa situazione di squilibrio, ma la società in generale. «Devono dare - insiste il presidente - il loro contributo fondamentale nell’opera di rinnovamento morale. Un compito che vede coinvolte anche le nuove italiane, le tante immigrate che sono diventate o diventeranno nostre concittadine, le tante che lavorano con abnegazione e senso del decoro». A tutte loro, e in particolare a quelle che «hanno ruoli preminenti in tutti gli ambiti e le professioni», tocca «offrire validi modelli di comportamento». Un ruolo ce l’hanno pure gli uomini, «che hanno il dovere di comportarsi come validi e solidali compagni».
Napolitano ripercorre la storia dell’Italia e sottolinea come l’universo femminile abbia progressivamente conquistato diritti, «con una forte accelerazione nell’ultimo cinquantennio». E ricorda una donna «che non è entrata nei libri ma che la storia l’ha fatta». Parla di Franca Viola, «la ragazza che «nel 1966 rifiutò di concedere il matrimonio riparatore al mafioso che l’aveva rapita e violentata». Il suo comportamento «contribuì a cambiare la norma e conferì alla parola onore il significato che deve avere, rispetto di sé e degli altri».


Conclusione: nonostante i passi avanti, le donne oggi «sono ancora lontane dall’aver conquistato la parità in molti campi». Per progredire non servono eroine o martiri, ma «persone normali che hanno infranto barriere e che considerano questa causa come una ripresa dei valori civili».

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