Raffaela Scaglietta
da Roma
Non bastasse lAfghanistan, ora il governo dellUnione riesce ad avere tre linee anche sulla questione mediorientale. La prima è quella del ministro dellInterno Giuliano Amato che in unintervista al Corriere della Sera si schiera con il governo di Olmert, lamentandosi dei «troppi distinguo» su Israele e invitando la sua coalizione a «non offrire solo equidistante freddezza - perché quello che è in gioco è la loro sopravvivenza». La seconda è quella di Massimo DAlema che difende a spada tratta la teoria politica dellequivicinanza e propone linvio dei caschi blu anche a Gaza, rischiando di rompere lequilibrio con il «facilitatore» Romano Prodi, fautore di una terza linea, quella della mediazione.
«Io proporrei - ha suggerito Massimo DAlema, quasi a voler correggere il suo premier - di estendere la forza di interposizione anche a Gaza per creare un cuscinetto di sicurezza che garantisca gli israeliani e le popolazioni arabo-palestinesi». Una presa di posizione che suona come un altolà alla strategia israeliana, un modo nemmeno tanto velato di bloccare le reazioni di Tel Aviv agli attacchi terroristici. E per riprendere in mano le redini della politica estera e trovare una sola via DAlema ha aggiunto: «Cè il pieno consenso a un impegno dellItalia per cercare una soluzione e fermare la spirale della guerra tra Libano e Israele ma è necessaria una forte iniziativa delle Nazioni Unite con la creazione di una vera e propria forza di interposizione nel sud del Libano».
Ma il ministro degli Esteri non si è limitato a rispondere a Prodi e Amato, ha avuto anche tempo e voglia di replicare a chi nei giorni scorsi lo ha criticato per la sua discussa posizione di «equivicinanza». Critiche che sono piovute non solo dallopposizione o dal mondo ebraico, ma anche da una parte della sua stessa coalizione, come le dichiarazioni di Amato, che sono quelle che hanno maggiormente ferito e fatto infuriare DAlema. Durante lintervento al consiglio nazionale dei Ds il titolare della Farnesina ha spiegato che «la polemica avanzata dalla destra e che ha trovato qualche solerte emulo nel centrosinistra è esagitata e inaccettabile perché la nostra è una posizione largamente condivisa dal popolo italiano che si sente egualmente vicino alla tragedia del popolo palestinese e del popolo israeliano».
Il vice premier ha quindi ribadito che «per stare dalla parte di Israele bisogna mantenere un diritto di critica e respingere una logica di campo secondo cui tutto ciò che fa Israele è giusto».
Oggi il ministro degli Esteri riferirà alla Camera una informativa sulla crisi in Medio Oriente.
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