Claudia Passa
da Roma
Una delle prime riforme targate Casa delle libertà che lUnione ha annunciato di voler cancellare dallordinamento italiano è la legge Bossi-Fini sullimmigrazione («restrittiva e repressiva oltre ogni necessità», è scritto a scanso equivoci nel programma dellUnione). Ma la sorte, si sa, è maestra nellironia. E caso vuole che nel giorno del giuramento sul Colle del governo Prodi-bis, a far parlare di sé è il più giovane ministro della compagine - la diessina-veltroniana Giovanna Melandri assegnata (senza portafoglio) alle Politiche giovanili e allo Sport - per la storia di una clandestina della Moldavia, attualmente «alloggiata» nel Centro di permanenza temporanea di Ponte Galeria, in attesa dunque di essere riaccompagnata coattivamente in patria.
«Sono domiciliata a casa della Melandri», avrebbe riferito Tamara G., quarantunenne moldava, alla Polizia che qualche sera fa lha sorpresa ad Ostia, sul litorale romano, sprovvista di permesso di soggiorno, ma munita di contratto di lavoro e richiesta di regolarizzazione. Una richiesta presentata proprio dallesponente Ds. O meglio, «da mio marito» dopo «otto ore di fila alle Poste di piazza Mazzini», ha specificato il neo-ministro al Corriere della Sera che ieri riportava la notizia puntando il dito sulla legge Bossi-Fini. Eppure, qualche interrogativo resta. Perché proprio alla luce delle dichiarazioni attribuite alla Melandri dal quotidiano di via Solferino ora la polizia sta valutando se interessare della vicenda lautorità giudiziaria. Lipotesi di lavoro degli investigatori è proprio quella della violazione della normativa sullimmigrazione.
Da un lato, infatti, leventuale domiciliazione di Tamara G. presso labitazione dellesponente della Quercia è tutta da dimostrare («e qualora rispondesse al vero e fosse dimostrata spiegano fonti investigative potrebbe integrare lipotesi di reato di favoreggiamento alla permanenza di stranieri immigrati clandestini nel territorio dello Stato»). Dallaltro, però, ad attirare lattenzione degli agenti è stato anche il passaggio in cui dopo aver confermato che la clandestina moldava sarebbe diventata la sua «tata» una volta ottenuto il permesso di soggiorno la Melandri spiega: «Patti chiari, le ho detto: prima facciamo i documenti e poi vieni a lavorare da noi». Il che a rigor di logica ragionano gli investigatori - potrebbe presupporre la consapevolezza che la straniera irregolare, quanto meno, si trovasse già sul territorio italiano al momento della presentazione della domanda alle poste di piazza Mazzini.
Del suo rapporto di lavoro in casa Melandri ovviamente non se ne farà più nulla. La donna, che il neo ministro del governo Prodi aveva conosciuto tramite unassociazione e di cui afferma di aver avuto «unottima impressione al punto che sarei stata pronta ad affidarle mia figlia», sarà rimpatriata subito. Anche perché, particolare non secondario, sul suo «curriculum» pesa un precedente decreto di espulsione emesso anni fa, a seguito di un altro controllo in cui i suoi documenti erano risultati ancora una volta fuori regola. Una «disavventura» di cui pare che Tamara G. non avesse fatto parola con nessuno. Ed è proprio a causa di questo precedente che, fra le diverse opzioni di rimpatrio nei suoi confronti, è stata applicata una delle più dure: obbligo di lasciare lItalia entro cinque giorni pena larresto in flagranza, oppure come in questo caso laccompagnamento in un centro di permanenza temporanea (Ponte Galeria) in attesa dellimbarco con biglietto aereo di sola andata. Destinazione Moldavia.
La Melandri messa di fronte allipotesi di aver ospitato una clandestina, si schermisce: «Ma figurarsi commenta -, ho solo cercato di metterla in regola». Poi se la prende ancora con la legge e con le procedure di regolarizzazione; con «le file alle Poste dice dove non incontri i datori di lavoro, ma solo stranieri, tutti clandestini. Ma che ipocrisia è questa?».
Tantè.
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