«Mio marito calpestato, altro che mostro»

«Non sono un molestatore sessuale». Lo ripete almeno venti volte l’ormai ex assessore all’Ambiente Paolo Massari, nella prima conferenza stampa da quando è scoppiato lo scandalo (sfociato nelle dimissioni dal Comune) sulle presunte molestie nei confronti di una dipendente precaria all’ufficio Relazioni internazionali e una funzionaria dell’Ufficio del turismo di Oslo. Alla fine le sue parole sono accompagnate dagli applausi della moglie Olivia e del papà Renato, seduti in sala. E se Massari lascia solo intendere che immagina ci sia dietro un ricatto, per lui parla la moglie Olivia: «Ma certo che è così. Io non ho mai avuto un dubbio nei confronti di Paolo, è una vicenda persino grottesca, al di là di ogni immaginazione». Parla di un’accusa «assurda, basata sul niente, una storia politica che verrà chiarita in un’altra sede. Ha rimesso le deleghe per non ostacolare il lavoro delle istituzioni, ora deve lavorare sulla sua dignità che è stata calpestate nel modo più squallido, sbattuto in prima pagina peggio di un mostro o di un mafioso». Una difesa senza se e senza ma quella della famiglia. Di quella legale invece si occupano gli avvocati Umberto Ambrosoli e Luigi Isolabella, anche se per ora non ci sono denunce nè inchieste aperte. Massari prova a ricostruire la vicenda, partendo dalle due lettere arrivate al sindaco Moratti.

Quella della mamma di Anna Z., precaria. «L’avrò vista 4 volte, e in due mi ha chiesto favori per il suo contratto ma ho rifiutato e non l’ha presa bene», riferisce. Chiederà un incontro all’ambasciatore norvegese «per chiarire tutto».

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