«Il mio Strega non è corrotto».

Anna Maria Rimoaldi conosce bene il mondo della cultura. Infatti i libri più rari e preziosi li tiene sotto chiave, nella parte alta della libreria. «Lontano dalle tentazioni» di qualche personaggio che, diciamo così, «ai libri si attacca troppo». Dietro le spesse lenti da miope ha l’aria un po’ stralunata di una innocua Miss Marple, impataccata e distratta, invece è attenta e precisa come un computer. Tutto sa, tutto controlla, tutto dispone. E poi è potentissima: a ottant’anni suonati regna sul Premio Strega e sulla Fondazione intitolata a Maria e Goffredo Bellonci come un monarca assoluto. Un esempio del suo potere? L’anno scorso non le era piaciuto Vespa, che aveva trasformato lo Strega in una succursale del salottino candido di Porta a Porta. Lei preferiva la trasmissione canonica su Raiuno, «con interviste tra i tavoli e ampio spazio alla votazione». Quest’anno, guarda caso, non sarà Vespa a condurre la diretta, ma Gigi Marzullo che «farà interviste tra i tavoli e darà ampio spazio alla votazione».
Così si muove la Signora. Sorniona, ma efficace. Efficacissima. Lei, come tutti i potenti veri, nega di contare alcunché. «Ma quando mai! Io non gestisco niente, l’unica fatica che faccio è per scoprire un po’ di libri buoni, per cercare di portare avanti nuovi scrittori».
Sarà, ma ogni volta in questo periodo si riaccendono le polemiche. Il refrain è logoro, da quante volte è stato ripetuto: il vecchio e glorioso Strega è ridotto a un mercato delle vacche. Non si premia la qualità del romanzo ma l’editore più potente. Il vincitore è annunciato e la cinquina dei finalisti scontata. Eccetera, eccetera, eccetera. Quest’anno poi è successo l’inaudito: Roberto Parpaglioni, direttore editoriale della Quiritta, ha osato rompere la consegna del silenzio e su «Lipperatura», il blog di Loredana Lipperini, si è sfogato contro il meccanismo perverso che ha escluso il suo Beppe Sebaste (autore di H.P. L’ultimo autista di Lady Diana) dalla rosa dei finalisti, con giochetti sporchi e pressioni molto forti. Più forti, dicono, del solito. Parpaglioni era sicuro di aver portato dalla sua 45 amici, ma giovedì scorso a casa Bellonci è rimasto con un pugno di mosche in mano, 22 voti che non sono stati sufficienti a entrare nella cinquina.
I giornalisti che mettono piede nella casa di via Fratelli Ruspoli a Roma (22mila volumi, cinque stanze e due terrazzi, dove i quattrocento Amici della Domenica si riuniscono per decretare le sorti del premio più ambito) di solito sono qui per carpire qualche segreto o strappare un aneddoto inedito sul bel mondo che fu, quello dei Flaiano e dei Buzzati, dei Cassola e dei Piovene, Morante e Parise eccetera. Operazione difficile perché la Signora in genere non ama dare interviste. Questa volta invece non c’è bisogno di stuzzicarla troppo, perché ha molta voglia di esternare. Pare piuttosto arrabbiata da tutto quello che è stato scritto e detto.
Allora, signora Rimoaldi, cosa è successo? Parpaglioni ha usato parole pesanti: «Io ho pubblicato un bellissimo libro, l’ho fatto partecipare ad un premio importante. Ho gareggiato nella maniera più pulita, onesta e trasparente. Non è facile affrontare giurati che, come unica giustificazione alla propria scelta, dichiarano di aver apprezzato un libro, ma di essere costretti a votarne un altro per “motivi di scuderia”».
«È una polemica assurda. Anche io avevo detto a Beppe Sebaste che il suo libro mi piaceva, ma non ho mai pensato di votarlo. Se loro contavano i pareri favorevoli come voti, hanno fatto male i conti. Allo Strega non è così».
Ma l’accusa è forte: dice Salvalaggio che lo Strega «segue la corruzione del Paese».
«Non parlerei di corruzione se uno si lascia convincere da un amico a cambiare voto».
Edoardo Nesi, Giuseppe Conte, Maurizio Maggiani, Maurizio Cucchi, Valeria Parrella: è contenta di questa cinquina?
«Mi piace moltissimo. E sono contenta che Edoardo Nesi sia stato il più votato e non Maggiani come da pronostico».
Scusi, ma questo è il giochino delle tre carte. Non è la prima volta che il vincitore annunciato non arriva primo in cinquina, ma alla fine vince.
«Sono tutti convinti che le pressioni degli editori siano così importanti, ma io vi dico che non è così. Sono gli Amici della Domenica che votano e che contano più di tutti. Poi sono anche molto contenta che sia entrata tra i finalisti Valeria Parrella, una scrittrice giovane e bravissima, che a me piace molto».
Detto da lei è una dichiarazione “pericolosissima”: già si diceva che ha cooptato la Parrella e che il libro era stato stampato in velocità per entrare in gara proprio su sua richiesta. Sarà mica che vince la Parrella?
«Guardi, io non conto niente. Dico solo che sono contenta che una piccola casa editrice come la minimum fax sia stata premiata. Io lo sentivo nell’aria, perché aveva molti estimatori».
Però anche Alessandro Piperno (autore di Con le peggiori intenzioni, Mondadori) ha molti estimatori. È stato il caso dell’anno, ma lei ha fatto capire alla Mondadori che non era gradito...
«Me l’hanno mandato ancora in bozze. Ho faticato molto a finirlo e non mi è piaciuto per niente».
Appunto, e quindi a Segrate hanno deciso di non presentarlo...
«Polemiche sterili».
E invece cosa risponde a chi l’accusa di aver snaturato la giuria? Dicono che una delle anomalie del premio sta proprio nella lista dei giurati, ci sono troppi editori e funzionari di case editrici.
«Polemiche sterili anche queste. Cosa vuole che contino gli editori, sono una manciata di voti. E poi molti di loro oltre che funzionari editoriali sono anche scrittori: Franchini, Riccardi, Parazzoli, Paolini. Anche Vittorio Sereni era un funzionario... Non sono loro che spostano i giochi, la Mazzantini ha vinto con 190 voti, ce ne vuole per raccogliere 190 voti...».
Dicono anche che allo Strega la qualità dei romanzi è ininfluente.
«Noi abbiamo i migliori libri della stagione. E quest’anno, proprio per rispondere a queste false accuse facciamo una presentazione in Campidoglio il 6 luglio di autori che non hanno voluto concorrere al premio ma che hanno scritto libri bellissimi: Claudio Magris, Domenico Starnone, Sebastiano Vassalli».
Appunto, libri bellissimi, però non sono in gara.
«La qualità dei concorrenti è altissima, il fatto è che la media dei libri pubblicati dagli editori italiani è bassa».
Allora è colpa degli editori?
«All’Einaudi da quando è morto Giulio manca una guida forte. Pubblicano buona roba, ma non è più spumeggiante. Mondadori è molto commerciale. Spero molto nella Bompiani: Elisabetta Sgarbi è bravissima. Vediamo cosa succede con la Fandango: Rosaria Carpinelli ha fatto benissimo a lasciare la Rizzoli perché l’avevano ibernata. Però in genere si pubblicano troppi libri».
Dicono anche che il voto è truccato perché nella lista non cancellate i morti.
«Quella delle anime morte è una vecchia questione falsa. Il nome di qualche morto può essere nella lista perché non ci è stato comunicato. Ma appena lo sappiamo li cancelliamo».
Però Dario Fo figura ancora tra i 400 amici della domenica ma dice di essersi dimesso.
«Non ha mai mandato una lettera di dimissioni. E se non vota, anche se è un Nobel, lo cancelliamo come facciamo con tutti gli altri».
E poi?
«E poi siamo arrivati alla 59ª edizione e viviamo benissimo così.

E penso che arriveremo tranquilli alla 60ª. Si rassegnino...».
Puntuale come un computer avevamo detto. E così sarà. Perché forse non tutti sanno che la Rimoaldi è laureata in fisica e matematica. E quindi i conti li sa fare.

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