Ho assistito a un miracolo. E, insieme a me, cerano cinquemila genovesi.
Eravamo a Fiumara, al Mazdapalace. E il miracolo avveniva su un palco quasi completamente spoglio, dove cera un signore con un microfono, che è arrivato saltellando qua e là. Il signore era vestito solo di una giacchettina e aveva in mano un fazzoletto con cui si asciugava in continuazione il sudore.
Il signore si chiamava - e si chiama - Roberto Benigni e, per unoretta, ha fatto Benigni. Bello spettacolo, intendiamoci. Botte a destra e sinistra, molto più a destra che a sinistra, ma questo fa parte del gioco. Eppure, botte mai volgari, mai grevi, mai fastidiose. Vera satira, anche e soprattutto su Berlusconi, ma nemmeno lontana parente delle offese e degli insulti di chi traveste linformazione di una sola parte da satira.
Ma, per lappunto, fin qui siamo nei confini dello spettacolo. Non certo in quelli dei miracoli. Che, invece, arrivano dopo che Roberto carbura per unoretta. Arrivano quando lartista di Vergaio inizia a raccontare la sua Divina Commedia, lessenza della sua fede, la grandezza e la bellezza di Dio.
Vola alto, altissimo, il poeta de La vita è bella. Tanto che, a un certo punto, se ne rende conto e sorride: «Prenderò il posto dellarcivescovo Bagnasco, mi piacerebbe essere un arcivescovo. Anche perchè quando entra in casa (...)
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