Una missione creata a uso interno

Crediamo che la Francia non sia grata al governo Prodi-D’Alema per averla obbligata ad andare in Libano nel quadro delle Nazioni Unite. Ricorda i suoi 53 morti a Beirut nell’83, assieme ai 235 americani, uccisi dagli hezbollah nascenti, ancora non guidati dal carismatico Nasrallah; e ricorda i caschi blu francesi catturati in Bosnia e incatenati ai ponti come scudi umani. Conosce il Libano perché lo ha creato. Aveva recentemente, con una iniziativa congiunta agli Stati Uniti, ottenuto l’uscita della Siria dal territorio libanese e l’elezione di Hairi a presidente del Consiglio. Ora quel Libano è perduto e la Francia è in urto con il governo di Damasco.
Gli Stati Uniti e Israele hanno tutto l’interesse di avere la Francia in Libano appunto perché essa è storicamente sul terreno. I militari francesi hanno bloccato il governo appunto perché conoscono il terreno.
Il fondamentalismo islamico risulta protagonista anche delle questioni palestinesi e libanesi, è apparso chiaramente quando Hamas ha sostituito Al Fatah nella direzione del governo palestinese. Il Libano è occupato dagli hezbollah che dipendono dall’Iran e dal fondamentalismo islamico sciita. Israele vede caduta la possibilità stessa della Road Map: e avviene così la fine della politica della «pace contro territori» anche nella versione unilaterale di Sharon. Anche Kadima è finita e il governo israeliano decide di non sgomberare nessuna parte dei territori. L’idea di una nazione araba è ormai finita e in tutto il mondo islamico mediterraneo avanza la pressione dell’identità islamica. L’apparente vittoria degli hezbollah contro Israele, mentre gli Stati nazionali arabi erano stati sempre sconfitti, rafforza il fondamentalismo islamico.
La pressione congiunta di Israele e degli Stati Uniti hanno obbligato la Francia a cedere e a impegnarsi in una situazione in cui essa non vede possibile una soluzione che non coinvolga la Siria e l’Iran, resa impossibile dalla politica americana.
È solo l’iniziativa italiana che ha obbligato la Francia ad aderire mal volentieri a una interposizione nel quadro delle Nazioni Unite, di cui conosce per esperienza l’impotenza e i costi umani. La missione delle Nazioni Unite è chiaramente una missione impossibile, visto che non può disarmare gli hezbollah e nemmeno interporsi nel confine tra Siria e Libano per impedire il contrabbando di armi.
Il governo italiano ha posto l’Italia al centro della mediazione europea, che America e Israele vogliono solo per mostrare l’impotenza delle Nazioni Unite e dell’Unione Europea a risolvere i problemi nati in un conflitto tra Islam e Occidente, di cui Israele è il primo termine.
Il governo italiano ha giocato per motivi di politica interna, per lanciare il profilo del governo e l’unità tra i Ds e Rifondazione Comunista. Ha potuto così stabilire la discontinuità con il governo Berlusconi, impegnato nella «coalizione dei volontari» e nell’intervento in Irak.
Ma quella coalizione è stata la presa di coscienza del conflitto tra l’Islam e l’Occidente. L’intervento della «coalizione dei volontari» ha dimostrato la capacità dell’Occidente di affrontare il terrorismo sul suo stesso terreno e di affermare l’universalità delle istituzioni democratiche occidentali, unica alternativa storica al ripiegamento del mondo islamico su se stesso e quindi sul fondamentalismo. Può essere stata errata la conduzione della guerra, non il suo significato politico e ideale.
Giuseppe Pisanu, il ministro del governo Berlusconi che maggiormente ha affrontato il rapporto con l’Islam, ha messo in dubbio la capacità dell’Italia a reggere uno sforzo di mediazione che non ha prospettive. Esso potrebbe anche indurre, per motivi economici, sia a diminuire l’impegno italiano contro il terrorismo sul territorio nazionale, sia a provocarne l’intervento nel caso di incidenti tra le forze di interposizione e gli hezbollah.
L’Onu ha manifestato la sua impotenza in tutti i suoi impegni per il mantenimento della pace, figuriamoci in uno che avrebbe qualche velleità di imposizione di essa.
La Francia si è defilata come tutta l’Europa, l’Italia ha usato le pressioni americane e israeliane per diventare la chiave del comando e fare essa da sola la responsabile politica e militare dell’interposizione.


Tre impotenze: quella delle Nazioni Unite, quella dell’Unione Europea e quella dell’Italia non fanno una forza in un conflitto che è ormai su posizioni di forza. E tutto a maggior gloria di Prodi, di D’Alema e di Bertinotti con rischi mortali per i nostri soldati.
bagetbozzo@ragionpolitica.it

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