Esattamente dieci anni fa, il 5 agosto 1994, veniva pubblicata sulle pagine de «Il Giornale» una lunga conversazione fra il poeta e romanziere Giuseppe Conte e il filosofo Stefano Zecchi sulla cultura contemporanea e sulla missione della poesia. Contestualmente venivano presentate anche le nove tesi del manifesto «Mitomodernista». Eccole: 1) Facciamo dellarte azione, la sua forma visibile sia la bellezza 2) La bellezza è profonda moralità, il brutto è immorale 3) Opponiamoci allavanzare della decadenza, che è là dove larte rinuncia allessenza della propria creatività 4) Lestetica è il fondamento di ogni morale 5) Il mito riporti tra noi anima, natura, eroe, destino 6) Leroismo è la sintesi di luce e di forza spirituale 7) La politica abbia il primato sulleconomia, la poesia abbia il primato sulla politica 8) Il nuovo è il gesto che ama il presente, è aderire allincessabile metamorfosi del cosmo 9) Impariamo a sperare laicamente.
Nasceva così un movimento provocatorio e di rottura che proclamava come la vera battaglia consistesse nel sognare un mondo rifatto da capo e come la cultura dovesse avere come «parole dordine» Bellezza e Mito. La presentazione ufficiale del movimento avvenne in una «gloriosa giornata» milanese nello strapieno teatro Filodrammatici, il 21 gennaio 1995, preceduta alcuni mesi prima da una simbolica occupazione del sagrato di Santa Croce a Firenze.
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