Eccezione fatta per i processori e per le fotocamere, le innovazioni del mercato mobile saranno tutte appannaggio dei servizi e delle applicazioni. Il software, insomma, comanderà sempre di più. È una deduzione a cui si può giungere esaminando i numeri conseguiti da Apple che, a differenza di altri produttori, può permettersi il lusso di presentare una linea nuova di dispositivi ogni anno.
Oggi l’iPhone è il prodotto di punta di Apple e incide circa in ragione del 50% del fatturato (205 miliardi di dollari nel 2022). Tuttavia, l’azienda di Cupertino non è mai riuscita a bissare le vendite del 2015, anno in cui ha spedito oltre 230 milioni di smartphone nel mondo.
Nel 2018 Apple è diventata meno trasparente, tralasciando di comunicare i dettagli delle vendite e limitandosi a elencare i fatturati complessivi conseguiti dai prodotti venduti. E questo induce a fare delle riflessioni.
Il mercato mobile e il fatturato
Negli ultimi tre anni le vendite di Apple sono rimaste pressoché stabili, questo significa che i fatturati sempre maggiori sono da addebitare all’aumento dei prezzi dei propri dispositivi. Come vedremo, è una logica che stravolge i dettami del mercato ma, a conti fatti, non è sostenibile a lungo. Non stupisce che l’iPhone 15, il cui prezzo minimo è di 979 euro (iPhone 15 da 128 GB), sia inferiore ai 1.029 euro richiesti per un iPhone 14 al momento del lancio avvenuto a settembre del 2022.
In generale, rispetto agli iPhone 14, gli iPhone 15 costano meno pure essendo costruiti parzialmente in titanio, metallo il cui prezzo è ben superiore a quello dell’acciaio con cui era costruita la scocca degli iPhone precedenti. Oltre alla scocca, occorre ricordare che le versioni di fascia alta montano chip Bionic A17, più evoluti e meno energivori rispetto ai precedenti A16.
Il fatto che Apple proponga le novità a prezzi in qualche modo calmierati induce a pensare che le indagini di mercato hanno suggerito maggiore prudenza nel calcolo dei listini, anche per evitare i pasticci fatti in passato, quando la differenza di prezzo tra il modello Plus e gli altri si è rivelata un boomerang.
Eppure, sul mercato ci sono dispositivi Android il cui costo è in linea con quello del top di gamma degli iPhone 15 (ossia l’iPhone 15 Pro Max con 1 TB di spazio di archiviazione, il cui prezzo è di 1.989 euro). Si pensi al Samsung Galaxy S23 (1.899 euro) oppure agli smartphone Fold (i pieghevoli) che la soglia dei duemila euro la superano ampiamente.
Se Apple non si è spinta oltre con le politiche di prezzo, partendo dal presupposto che non vuole certo perdere fatturato e utili, occorre considerare che le opportunità di business sono da identificare altrove, ossia tra i servizi e le app.
La questione dei prezzi e la logica dei servizi
Il potere di Apple si misura anche con le logiche dei prezzi. Fino a pochi anni fa, indicativamente prima dell’epoca pandemica, il mercato dei personal computer e dei dispositivi mobili viveva una fase di linearità commerciale dettata da un’egida lapidaria ma efficace. I prezzi venivano tarati sulla possibilità di spesa media dei clienti così, per esempio, se un computer costava 800 euro, la versione seguente dotata di maggiori tecnologie avrebbe avuto un prezzo simile perché, nel caso specifico, gli acquirenti avevano già dimostrato di essere disposti a un esborso simile.
Apple dimostra che questa logica sta venendo meno, perché il futuro del mobile dipenderà sempre meno dall’hardware (dagli smartphone) ma dall’ecosistema di servizi a cui questi daranno accesso tra streaming video e audio, informazioni in tempo reale, monitoraggio di parametri vitali, localizzazione in caso di emergenza, piani fitness, gaming, acquisti, sistemi di pagamento e piattaforme di interazione tra utenti.
Niente di stupefacente, perché anche il mondo dei computer (fissi e mobili) si sta spostando nella medesima direzione, fino al punto di virtualizzare anche i sistemi operativi e quindi fino al punto di rendere ininfluente il mezzo con cui ci si collegherà.
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