Il modello Lazio? Veste solo in nero

Le piccole e medie imprese del Lazio vedono nero. Ordinativi in calo, fatturato a picco, investimenti conseguentemente ridimensionati. Il poco rassicurante quadro emerge dall’indagine congiunturale sulle pmi regionali condotta da Federlazio nel secondo semestre del 2007 su un campione di 350 aziende associate. Ed eccoli, i numeri del pessimismo: per gli ordinativi l’opinione degli imprenditori laziali prevede una diminuzione del 2 per cento. Una Caporetto se si considera che solo sei mesi prima il cosiddetto «saldo di opinione» registrava un sostanzioso segno positivo: +13. Che cosa è successo in mezzo anno per rendere il cielo così fosco? Essenzialmente la forte flessione della domanda interna, non bilanciata dal saldo sull’estero. Crollano, pur conservando il segno più, anche il fatturato totale (da +25 a +16) e la produzione (da +18 a +10). Tutto sommato contenute le conseguenze di questa ondata di sfiducia sugli investimenti: nel secondo semestre dello scorso anno il 47,1 per cento delle imprese ha dichiarato di averne fatti: sei mesi fa la percentuale era del 50 tondo.
E il futuro? Appare nero sul mercato interno, dove per i prossimi sei mesi gli imprenditori laziali non si attendono buone notizie (saldo d’opinione al +17, era +27 sei mesi fa) e appena migliore sul mercato estero, soprattutto dall’area extra-Ue. E se migliorano le intenzioni d’investimento nel prossimo semestre, (39,2 per cento contro il 35,5 nella precedente indagine) scende +14 a +8 il saldo delle imprese che intenderebbero assumere personale nel corso della prima parte del 2008.
Quello delle pmi rappresenta «un reticolo sul territorio - dice Massimo Tabacchiera, presidente di Federlazio - in grado di intercettare i segnali di criticità con più chiarezza». E i segnali sono chiari: non sono stati rimossi «quei nodi che ne condizionano negativamente l’azione come l’accesso al credito, lo sviluppo delle infrastrutture e la burocrazia ridondante». Di qui la richiesta di «ampliare i canali di dialogo tra le istituzioni e il mondo delle rappresentanze» come unico metodo utile a «rilanciare il sistema produttivo e l’economia».
I numeri diffusi da Federlazio preoccupano la politica. Di «situazione drammatica» parla Alfredo Pallone, capogruppo di Forza Italia in consiglio regionale, secondo cui «è inutile affidarsi al primato romano che, nonostante le performance positive sul Pil, non riesce trainare l’economia regionale. Il perché è presto detto: manca una strategia d’insieme che coniughi sviluppo e fiscalità d’impresa». La conseguenza è ineluttabile: in Regione «è necessaria una inversione di tendenza che solo un cambio di amministrazione può garantire». I dati Federlazio sono «un’autentica batosta sull’ottimismo a senso unico dispensato dello stesso sindaco Veltroni» per Francesco Giro, coordinatore regionale e cittadino di Forza Italia.

«L’indagine sulle Pmi del Lazio - fa notare Fabio Desideri, consigliere regionale dell’Udc - evidenzia che sia il modello Roma sia il modello Lazio, tanto decantati dal centrosinistra di governo, equivalgono a parole scritte sull’acqua».

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