Tra le espressioni più ricorrenti nel linguaggio parlato a tutti i livelli, i modi di dire sono frasi che hanno significati immaginifici spesso non legati, o quasi mai legati, alla successione di parole che li compongono. Ebbene, seppur di difficile comprensione per uno straniero e spesse volte anche per un connazionale di differente provenienza geografica (molti di questi modi di dire hanno origini regionali), essi rappresentano la cifra più rappresentativa del modo di parlare e danno coloritura al linguaggio sia in contesti colloquiali sia in occasioni ufficiali. Ma tante'è, benché sulla bocca di molti, se non di tutti, frequentemente capita di domandarsi quale origine abbiano certe espressioni e perché significano ciò che gli attribuiamo. A chiarire molti dubbi e chiavi di interpretazioni talvolta oscure, oltre alla provenienza di determinati modi di parlare, arriva oggi un maneggevole «Dizionario dei modi di dire della lingua italiana» (Newton Compton, pp. 286, euro 9,90) che si propone di spiegare miti e misteri di tali assiomi.
Gli esempi sono numerosi, ovviamente, visto che questo patrimonio acquisito fin dalla nascita da ognuno di noi appare particolarmente consistente ma al tempo stesso non sempre comprensibile di primo acchito. Si pensi ad esempio al detto «Restare sull'albero a cantare» che significa essere vittima di un raggiro spesso a causa della propria ingenuità. Le origini del detto risalgono infatti a una favola di Fedro, quella della volpe e del corvo, in cui quest'ultimo si lascia sedurre dal furbissimo rivale e, per far sentire che voce stupenda nasconde, lascia cadere dal becco il pezzo di formaggio con cui doveva nutrirsi. Oppure si pensi all'espressione «Fare questioni di lana caprina» dal significato ben noto, cioè: cavillare, discutere di minuzie di scarso valore. Ebbene la locuzione è antichissima e testimoniata anche nelle «Epistole» di Orazio, «de lana caprina rixari», con un riferimento allo scarsissimo pregio della lana di capra a differenza invece di quella più pregiata della pecora. Da qui il senso di qualcosa di infimo.
Un altro esempio, famosissimo e adattato a infinite circostanze è quello del detto «Passare la notte in bianco», ossia restare insonni, svegli. L'espressione è mutuata da un'usanza medioevale e si riferisce al costume, appunto bianco, che i guerrieri dovevano indossare la sera prima di essere eletti cavalieri per trascorrere una notte di veglia in attesa della cerimonia. Sempre in tema di bianco c'è un altro detto comunissimo, «Andare in bianco» nel senso di restare privi di qualcosa o trovarsi in astinenza da qualcosa. Il bianco è spesso sinonimo di nulla, di qualcosa di non fatto, come il compito inesistente o incompleto dello scolaro che si presenta al maestro con il foglio... bianco. Tra i tanti esempi che si possono citare, anche il detto «Pescare nel torbido» in riferimento a chi si approfitta di situazioni ambigue o poco chiare per trarne un guadagno o un vantaggio. Il significato è collegato al comportamento dei pesci che, in acque tutt'altro che cristalline, si rifugiano vicino agli argini per sottrarsi alle correnti ma diventano più facilmente preda del pescatore. Un'immagine che si ritrova anche nei «Cavalieri» di Aristofane con il proverbio «A fiume torbido, guadagno di pescatore». Tra i detti con celebri paternità non si può dimenticare l'espressione «Dare perle ai porci» nel senso di consegnare qualcosa di prezioso a chi non è in grado di apprezzarlo. L'origine del la frase è attestata perfino nel Vangelo di Matteo dove si legge testualmente «Non gettate le cose sante ai cani e le perle ai porci». Ma suggestiva è anche un'altra breve storia legata al modo di dire «Fare il portoghese» significando con questo la partecipazione a qualcosa o l'uso di qualche servizio senza pagare il dovuto.
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