«Lo giuro: mio marito è innocente».
Barbara Magnani Brega Massone non parla della sentenza di primo grado che mercoledì sera ha condannato il marito Pier Paolo, 46enne ormai ex primario della clinica milanese Santa Rita, a 15 anni e sei mesi di carcere per aver eseguito presunti interventi inutili al fine di gonfiare i rimborsi da parte del servizio sanitario nazionale. I giudici hanno dichiarato Brega Massone «interdetto in via perpetua dai pubblici uffici» e l'ex primario è stato interdetto anche per 5 anni dalla professione medica. La moglie, che ha assistito alla lettura della sentenza, se n’è andata dal tribunale a testa bassa e ora se ne sta chiusa nell’appartamento di via Cascina Spelta 24, alla periferia di Pavia. La donna ha sempre creduto ciecamente al consorte che, come ha lui si ostina a dichiarare - e lo ha ripetuto al suo legale Luigi Fornari, dopo la lettura della sentenza - si ritiene «il capro espiatorio di una situazione più ampia».
In un certo senso gli è «andata di lusso». Per lui i pm Grazia Pradella e Tiziana Siciliano avevano chiesto 21 anni di reclusione. In attesa del deposito delle motivazioni, la condanna del principale imputato viene spiegata con la scelta dei giudici di non far apparire l’ex primario di chirurgia toracica con una responsabilità eccessivamente spropositata rispetto a quella degli altri colleghi. Le pene inflitte agli «aiuti» di Brega Massone - 10 anni a Fabio Presicci e 6 anni e 9 mesi a Marco Pansera - potrebbero significare la certezza che Brega da solo non era in grado di gestire la lunga serie di interventi inutili, dannosi per la salute dei pazienti e «necessari» esclusivamente solo per gonfiare i valori dei rimborsi dal servizio sanitario nazionale. A supporto di questa lettura c’è anche la circostanza di condanne abbastanza alte per chi era imputato solo di truffa. Dunque c’era un terreno fertile affinché Brega agisse.
Per Brega Massone comunque i guai giudiziari non sono finiti. La Procura infatti sta per chiudere il troncone di indagini ancora aperto e per chiedere un altro rinvio a giudizio. Questa volta per omicidio volontario in relazione ai casi di cinque pazienti operati solo a scopo di lucro e deceduti in seguito alle conseguenze di operazioni assolutamente inutili secondo l’accusa.
L`ex primario dovrà versare inoltre a 83 dei suoi ex pazienti fino a 80mila euro ciascuno, oltre a 200mila euro all`ordine provinciale dei medici, 40 alla Asl di Milano e 30 alla regione Lombardia che, infatti, si era già costituita parte lesa.
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