200milioni le donne nel mondo vittime di mutilazioni genitali

L'Unicef ha stilato un report nel quale emerge che le donne vititme di mutilazioni genitali nel mondo sono 200 milioni, un dato in aumento rispetto al 2014

200milioni le donne nel mondo vittime di mutilazioni genitali

Un dato che getta nel panico, quello diffuso da Unicef in occasione della Giornata Onu contro le mutilazioni genitali femminili. Leggendo il rapporto dell'organizzazione si scopre infatti che nel mondo almeno 200milioni di donne e bambine sono state vittime di mutilazioni genitali.

Una cifra in aumento. Il testo rivela infatti che rispetto al 2014, nel 2015 70 milioni di donne in più, sono state vittime della pratica e questo è dovuto sia all'aumento della popolazione globale ma anche alla possibilità di entrare in possesso di un numero maggiore di dati.

Rispetto al passato è incrementato infatti il numero di stati che hanno deciso di fare informazione e alzare il sipario su quella che è considerata globalmente una barbarie. Ad oggi sono 30 i Paesi che hanno a disposizione dei dati significativi sul problema. Leggendo le statistiche si scopre che tra coloro che sono state vittime di MGF, 44 milioni sono bambine e adolescenti e la maggior parte di loro sono in Gambia, Mauritania e Indonesia.

I Paesi dove invece si riscontra una quasi totalità di donne che hanno subito l'intervento sono la Somalia, dove il 98% delle ragazze e delle donne somale è stata vittima di mutilazioni; la Guinea dove le percentuali sono del 97% e Gibuti con il 93%.

Sommando poi il numero di coloro che hanno subito la pratica in Egitto, Etiopia e Indonesia sia arriva a una stima di circa 100 milioni di donne.

Ma in quella che sembra una realtà ben poco rassicurante e che inquieta perché dimostra come certe usanze, sebbene siano state dichiarate fuori legge in alcuni stati, invece proseguano forti del tradizionalismo locale, ecco però anche degli spiragli di flebile speranza di un possibile cambiamento.

In Liberia le mutilazioni tra le ragazze dai 15 ai 19 anni sono diminuite del 41%, in Burkina Faso del 31% e in Kenya del 27% e la maggioranza della popolazione nei Paesi in cui vengono praticate è contraria e sostiene che dovrebbero finire.

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