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Altra minaccia per Macron: dopo i gilet gialli, ecco quelli verdi

Nuovo fronte di scontro interno per Emmanuel Macron. Dopo la rivolta dei gilet gialli, il presidente francese è finito nel mirino di 2 milioni di "gilets verts", che lo accusano di non fare abbastanza per combattere i cambiamenti climatici

Altra minaccia per Macron: dopo i gilet gialli, ecco quelli verdi

Non bastavano i gilet gialli. Ora, ad attaccare il presidente francese Macron, sono i cosiddetti "gilet verdi". Si tratta dei 2 milioni di francesi che a partire dalla seconda metà di dicembre hanno partecipato a una raccolta firme per chiedere al governo transalpino di varare d'urgenza nuove misure per la lotta ai cambiamenti climatici. Qualcuno, come scrive L'Espresso, l'ha già chiamato "L'affare del secolo". Almeno in Francia, devastata per settimane dalle violenze di piazza dei gilet gialli infuriati per l'aumento dei prezzi di benzina e gasolio. Macron, con tanto di discorso in tv, ha fatto dietrofront. Finendo per scontentare gli ambientalisti.

Insomma, un gran casino per il presidente francese. Che, assieme al primo ministro Philippe e alla sua squadra di governo, si è visto recapitare una lettera di 40 pagine firmata da varie associazioni ecologiste (Greenpeace) e per i diritti umani (Oxfam). In questa lettera gli ambientalisti denunciano l'inerzia del governo transalpino in materia di lotta contro le emissioni di gas a effetto serra. Secondo loro Macron starebbe facendo poco o nulla per ottemperare agli obblighi internazionali previsti dal Trattato di Parigi del 2015. "Avete 60 giorni di tempo per fare qualcosa". In caso contrario, le associazioni minacciano di presentare ricorso al tribunale amministrativo della capitale con l'obiettivo di sanzionare lo Stato per "carenza colpevole".

Una prospettiva per certi versi inedita che però ha riscosso un successo senza precedenti tra l'opinione pubblica: l'appello è già stato firmato da 2 milioni di persone e promette di ottenere gli stessi risultati avuti in altri Paesi come Olanda, Colombia e Pakistan. Stati dove i giudici hanno riconosciuto l'obbligo dello Stato di proteggere i cittadini e intervenire con misure drastiche di lotta contro i cambiamenti climatici.

A più di tre anni dalla firma del Trattato sul clima, la Francia è ancora indietro nel processo di adeguamento agli obblighi assunti. Basti pensare che entro il 2020 il Paese dovrebbe produrre il 23% della sua energia con le fonti rinnovabili. Ma l'obiettivo è ancora lontano e le associazioni ambientaliste si fanno forti delle disposizioni costituzionali, della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e di altri documenti internazionali dove si parla testualmente di "obbligo di vigilanza ambientale" da parte dello Stato.

A convincere gli ecologisti francesi della necessità di intervenire in prima persona sono state le dimissioni nell'agosto 2018 del ministro per la Transizione ecologica e solidale, Nicolas Hulot. Una personalità di spicco del movimento ecologista il cui passo indietro viene addebitato all'incapacità di incidere sulle policy in materia ambientale del governo francese. Il suo erede, François de Rugy, ha idee diverse, definendo l'appello sull'Affare del secolo "una replica ai gilet gialli che parlano dell'ecologia come un problema".

Insomma, in questo momento Macron è debole e dopo le concessioni fatte ai manifestanti anti-aumento dei combustibili, non sembra disposto a fare altrettanto per i gilet verdi.

Da loro può aprirsi una nuova frattura nel tessuto sociale francese.

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