La missione di Francesco ad Astana: così è diventata capitale del mondo per due giorni

Astana, capitale del Kazakistan, in questi giorni sta ospitando il più grande evento ecumenico del pianeta: il Congresso delle religioni mondiali e tradizionali. E lattuale pontefice, Francesco, che è l'ospite d'onore di questa edizione, dal palco di Astana sta inviando dei messaggi eloquenti e potenti ai grandi del sistema internazionale.

La missione di Francesco ad Astana: così è diventata capitale del mondo per due giorni

"Che si ritrovi lo spirito di Helsinki", così ha tuonato papa Francesco al discorso inaugurale della settima edizione del Congresso delle religioni mondiali e tradizionali. Parole che premettevano e promettevano un evento incandescente. E così è stato. Perché Astana, tra il 14 e il 15 settembre, è stata la capitale del mondo.

Le religioni parlano alla politica

La settima edizione del Congresso delle religioni mondiali e tradizionali si chiuderà oggi, con un ciclo di sessioni e la simbolica piantatura di alcuni alberi nel Parco della pace e della riconciliazione, ma di quello che è accaduto si parlerà ancora a lungo. Le grida nel deserto di papa Francesco. Il saluto caloroso, con tanto di bacio, tra il Vescovo di Roma e il Grande Imam di al-Azhar, Ahmad al-Tayyib. Astana, capitale del Kazakistan, che compie il suo destino di mackinderiano cuore della Terra diventando il centro del mondo per due giorni.

Il discorso inaugurale del Papa premetteva e prometteva un evento incandescente, si scriveva, e lo è stato. Un successo enorme per la diplomazia kazaka, da anni attivamente impegnata nella promozione di cause a beneficio della collettività globale – come la denuclearizzazione degli arsenali –, che è riuscita a magnetizzare nella rinata Astana più di 100 delegazioni da oltre 50 paesi. Mai così tante – nel 2003, in occasione della prima edizione, avevano partecipato soltanto 13 Paesi. E mai di questo livello – i capi delle tre grandi religioni abramitiche seduti allo stesso tavolo.

Il ruolo della fede e delle fedi nella ripresa postpandemica; questo il tema centrale dell'edizione. Ma, concausa e complice la congiuntura internazionale – mutata radicalmente dall'annuncio dell'edizione ad oggi –, si è parlato in special modo di pace. Astana è dove i capi delle religioni mondiali e tradizionali hanno voluto rammentare ai loro fedeli, e in esteso ad ogni persona, che, nell'epoca di nuove guerre fredde, antiche rivalità riemergenti e conflitti infiniti, c'è chi continua a credere che un altro mondo sia possibile. E coltiva con senso di abnegazione e solerzia spasmodica quest'obiettivo.

Discorsi laici per una platea globale

I capi religiosi presenti al Congresso stanno parlando in lingua laica, un "esperanto diplomatico", affinché i loro interlocutori e i loro ascoltatori non facciano orecchie da mercante e non possano nascondersi dietro il paravento dell'inintellegibilità. Perciò a controproducenti diatribe dottrinali hanno preferito discorsi globali, parlando di come le loro macchine ecclesiastiche e la loro influenza potrebbero e dovrebbero essere impiegate ai fini della ripresa dalla pandemia di COVID19 – che ha avuto dei notevoli impatti, oltre che sociali, di tipo psicologico –, della protezione della Terra e del dialogo tra civiltà, culture e fedi.

Astana è il luogo in cui i capi religiosi si sono riuniti nel tentativo di dare forma ad una pace alternativa e parallela a quella degli stati, mentre la competizione tra grandi potenze è in pieno svolgimento, mettendo da parte i loro disaccordi per siglare una versione estesa di quel celebre Documento sulla fratellanza umana che, nel vicino eppure lontano 2019, battezzò ufficialmente la traslazione in realtà di uno dei sogni reconditi di Giovanni Paolo II: una santa alleanza tra Cattolicesimo e Islam.

E oggi, a distanza di diciannove anni dal primo Congresso delle religioni mondiali e tradizionali, un altro anelo del defunto pontefice si è avverato: il numero di delegazioni presenti e la concretezza delle loro agende sono la dimostrazione che il Kazakistan è riuscito a riaffermarsi come "terra di incontro".

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