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Cameron fa un passo fuori dall'Ue

Il premier conservatore presenterà la settimana prossima il referendum per l'uscita dall'Unione. Intanto imprese britanniche e straniere si dividono su cosa sia meglio fare

Cameron fa un passo fuori dall'Ue

Il referendum per uscire dall'Europa si farà. David Cameron l'aveva promesso in campagna elettorale per richiamare i voti dei delusi e di quelli che avrebbero potuto abbracciare l'Ukip di Nigel Farage, ed ora manterrà la promessa a pochi giorni dall'insediamento del nuovo governo. La settimana prossima, infatti, il giorno dopo il discorso della regina, il premier dovrebbe depositare il disegno di legge che darà il via alla campagna referendaria. Cameron è intenzionato a portare i britannici al voto entro il 2017, sperando nel frattempo di riuscire a ottenere dai colleghi europei le riforme che il Regno Unito ritiene fondamentali per poter continuare a condividere il percorso comunitario.

Un think tank inglese, Open Europe, impegnato nelle battaglie per la riforma dell'Unione Europea, ha stimato che le possibilità per Cameron di ottenere i cambiamenti sperati siano relativamente alte. La minaccia del referendum dovrebbe convincere gli Stati europei a far di tutto per evitare un temuto Brexit. Che però è visto con preoccupazione più dagli altri che dagli inglesi, che si dividono ma sono possibilisti sul tema.

Nel dibattito pubblico, infatti, sono intervenute anche le imprese, medie, piccole e grandi, del panorama economico britannico. Secondo quando riporta il The Guardian, la Deutsche Bank starebbe pensando di delocalizzare le sue attività presenti nel Regno Unito e riportarle in territorio tedesco. Questo ovviamente nel caso in cui la Gran Bretagna decidesse con il referendum di lasciare l'Europa. La banca tedesca, infatti, ha istituito un gruppo di lavoro che dovrà valutare le conseguenze del Brexit e sulla base del rapporto finale i vertici dell'istituto bancario decideranno il da farsi. "Non sono state ancora prese decisioni", ha voluto precisare un dirigente della Deutsche Bank, ma la notizia è comunque rilevante. Sono circa 8.000 infatti i dipendenti della banca impiegati nell'intera isola, compresi quelli che lavorano nel quartier generale di Londra. Non solo. Anche l'HSBC ha comunicato che dietro la l'idea di portare la propria sede principale in Estremo Oriente ci sarebbe anche il rischio che il Regno Unito decida di separarsi da Bruxelles.

Eppure i sostenitori dell'"indipendenza" completa di Londra dall'Europa non sono pochi. Oggi una delle aziende britanniche più importanti, la JBC , ha detto che "l'Ue è un mercato importante, ma non ci sarebbero grosse preoccupazioni se la Gran Bretagna decidesse di uscire dall'Unione". Secondo il Ceo Graeme MacDonald, infatti, "c'è troppo allarmismo sul tema". Per lui sarebbe meglio andarsene piuttosto che rimanere in un'Europa incapace di varare le riforme. "C'è bisogno di meno burocrazia europea - dice - che ci costa ed è ridicola. A volte è più facile vendere in Nord America che nei paesi Ue".

C'è un particolare: il presidente di JBC è da sempre un sostenitore di Cameron, avendo finanziato i Tory per circa 2.6 milioni di sterline negli ultimi cinque anni. Questo non significa che il premier punti con tutte le sue forze ad uscire dall'Europa. Intanto, però, porta avanti le sue promesse referendarie e critica Bruxelles su tutti i punti politici controversi.

Come sulla questione dei migranti e sull'intervento in Libia, sbattendo la porta in faccia alle proposte della ledy pesc europea, Federica Mogherini.

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