Guerra in Ucraina

Chi c'è dietro l'attacco ai depositi di carburante in Russia

Gli incendi nei depositi di carburante in Russia non sono stati rivendicati dall'Ucraina ma alcuni indizi fanno pensare che sia opera degli uomini di Zelensky: ecco perché

Chi c'è dietro l’attacco ai depositi di carburante in Russia

I vigili del fuoco hanno completamente spento l'incendio divampato ieri nel deposito di carburante a Bryansk, città della Russia a 100 km dal confine con l'Ucraina "che aveva un alto livello di complessità. Secondo le prime informazioni, non ci sono vittime", spiega in un comunicato l'agenzia russa Tass, precisando che è stata aperta un'indagine per trovare le cause del rogo. E il punto è proprio questo: chi si nasconde dietro al quarto rogo nel giro di un mese e contemporaneo a un altro incendo divampato a meno di due chilometri da Bryansk?

Un'operazione clandestina?

Gli incendi non sono mai stati rivendicati dall'Ucraina ma alcuni indizi fanno pensare che possa essersi trattato degli uomini di Zelensky. Ufficalmente, l'intelligence degli Stati Uniti non fornirebbe nessuna informazione agli ucraini contro alcuni obiettivi da colpire sul territorio russo ma è altamente probabile il contrario: come scrive il Wall Street Journal, infatti, la negazione degli americani è il segnale che sono state discusse alcune operazioni da effettuare oltre il confine ma che, se succede qualcosa, la "colpa" non è degli Usa. Un'altra ipotesi che circola è che possa essersi trattatto di alcuni soldati che hanno agito via terra come quando, il 12 aprile, un ponte ferroviario a tre chilometri dal confine ucraino è stato fatto esplodere rendendo inutilizzabili ai soldati russi i binari per entrare in territorio ucraini. Come scrive Repubblica, il sindaco della città russa ha mostrato la foto di un furgone bianco in grado di contenere alcuni sabotatori ucraini inviati con il preciso scopo di colpire i depositi.

I droni dietro gli attacchi?

L'unica ipotesi che viene esclusa perché sarebbe stata visibile e intercettata dai radar è l'operazione degli elicotteri che gli ucraini avevano già utilizzato il 1° aprile per colpire un deposito di carburante a Belgorod, sempre al confine con la Russia. In questo caso, invece, i 100 chilometri erano una distanza troppo rischiosa per invadere, colpire e rientrare. Diversa, invece, la possibilità che siano stati alcuni droni, i famosi "kamikaze", ad agire nell'oscurità della notte e colpire i depositi visto che l'antiaerea russa ne ha abbattutti due di fabbricazione turca, i famosi Bayraktar. La rotta era tra l'altro compatibile con la posizione degli obiettivi colpiti. Il The Sun inglese sarebbe anche in possesso di alcune immagini scattate dai droni ucraini che mostrano un enorme agglomerato di carri armati russi abbattutti durante il conflitto ma sempre oltre confine, almeno di una decina di chilometri.

L'ipotesi missilistica

Non molto probabile ma neanche da scartare è che i quattro depositi fatti saltare nel giro di un mese, o anche solo una parte di essi, siano stati oggetto di attacco missilistico ucraino: lo afferma a Repubblica Neil Gibson, un esperto d'armi della società inglese Fenix Insight. Lo ha affermato perchè nella guerra che ha preso il via lo scorso 24 febbraio ha un precedente: un mese dopo, il 25 marzo, era stata colpita la base aerea di Millerovo, 80 chilometri a est di Lugansk. In una intercettazione audio si sente quello che gli esperti considerano "il rumore di un missile" ma Gibson afferma che non può essere considerata una prova sufficiente anche perchè la fonte di provenienza è russa e "quindi non affidabile".

La guerra "nascosta"

Insomma, se tre indizi fanno una prova, così si dice, qui ce ne sono tanti altri che fanno pensare agli attacchi ucraini non rivendicati. D'altra parte, la guerra l'ha iniziata Putin invadendo un altro Paese: questa non sarebbe che la "risposta" segreta ma puntuale contro lo Zar da parte di Zelensky. Ma non è finita qui: come abbiamo visto sul Giornale.it, infatti, dietro ai roghi e agli incendi divampati in alcune strategiche strutture della Russia ci sarebbe la mano di cyber criminali che vogliono sabotare Mosca e protestare contro la guerra. In questo caso, l'ipotesi più concreta è che si tratti degli stessi dissidenti russi ma non è esclusa la mano ucraina di alcuni esperti informatici. Di sicuro, è molto difficile pensare che si possa trattare di "semplici coincidenze" ma si tratta di criminali che hanno realizzato cortocircuiti ad hoc per mandare in tilt milioni di documenti che, ovviamente, non sono stati "bruciati" ma conservati per ricattare agenzie governative, multinazionali di petrolio e gas oltre alle maggiori istituzioni finanziarie della Russia.

Qual è il nuovo obiettivo

Come abbiamo scritto sul Giornale.it, Washington e Mosca adesso sono d'accordo, l'obiettivo della guerra in Ucraina non è più l'Ucraina stessa ma l'indebolimento della Russia e, se possibile, l'abbattimento di Vladimir Putin. Ad ammetterlo, in perfetta sincronia, sono da una parte il Segretario alla Difesa statunitense Lloyd Austin e, dall'altra, il presidente russo. Austin, reduce dalla visita a Kiev, ammette senza troppi giri di parole che l'America vuole vedere la Russia "così indebolita da non poter più ripetere quanto ha fatto invadendo l'Ucraina". Putin intervenendo davanti alla Procura generale di Russia spiega, invece, che "l'Occidente sta tentando di spaccare la società russa e distruggere la Russia dall'interno".

Se il senso dei due messaggi è lo stesso, l'obbiettivo è opposto.

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