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La Corte Onu nega alla Bolivia lo sbocco al mare

Nonostante il verdetto sfavorevole, il governo boliviano ha dichiarato di volere “continuare a lottare” per l’accesso al mare

La Corte Onu nega alla Bolivia lo sbocco al mare

La Corte internazionale di giustizia, al termine di una causa durata cinque anni, ha definitivamente negato alla Bolivia il diritto a ottenere un accesso all’Oceano Pacifico. Dal processo avviato all’Aia esce invece vittorioso il Cile, il quale si è di fatto visto riconoscere dall’organo giudiziario la piena sovranità su 400 chilometri di costa situati al confine tra i due Paesi. Tale striscia costiera era entrata a fare parte del territorio cileno nel 1884, al termine di una guerra in cui la Bolivia era risultata sconfitta. Da allora, La Paz ha sempre cercato di recuperare, mediante contenziosi legali e offensive diplomatiche, lo sbocco al mare.

Con la recente sentenza, il tribunale dell’Aia ha stabilito che il Cile non sarebbe obbligato da alcuna norma internazionale ad avviare negoziati con la Bolivia diretti a modificare lo status dei 400 chilometri di costa rivendicati da quest’ultima. Di conseguenza, la Corte Onu non ha specificato a quale Paese spetti realmente la sovranità sulla fascia costiera, ma si è limitata a negare l’esistenza, a carico di Santiago, dell’obbligo di negoziare con La Paz circa il futuro del territorio conteso. Il governo boliviano ha cercato di persuadere i giudici a legittimare le proprie “mire espansionistiche” evidenziando il fatto che, grazie a un accesso all’Oceano Pacifico, l’economia nazionale sarebbe andata incontro a una crescita costante. Attualmente, l’assenza di sbocchi al mare costringe la Bolivia a commerciare con l’estero utilizzando i porti cileni, situazione definita “umiliante” dalle autorità di La Paz.

Il Cile, nella sua memoria difensiva, aveva categoricamente rigettato le pretese dello Stato confinante, ribadendo la propria sovranità sui 400 chilometri di costa sottratti alla Bolivia al termine del conflitto del 1884. Il verdetto dell’Aia ha di fatto dato ragione a Santiago, destituendo di fondamento il tentativo di La Paz di riaprire la “questione dell’accesso al mare”. Abdulqawi Ahmed Yusuf, presidente del tribunale internazionale, commentando la sentenza ha rivelato che la decisione del collegio giudicante sarebbe stata presa “a larga maggioranza”: 12 magistrati favorevoli contro solo 3 contrari.

Il presidente cileno, Sebastián Piñera, ha salutato con soddisfazione la pronuncia: “Il Cile non ha alcun obbligo di negoziare circa il futuro di un territorio cedutogli dalla Bolivia mediante il trattato di pace del 1904. Il governo boliviano ha indotto il proprio popolo a nutrire false speranze, sprecando gli ultimi cinque anni in aule di tribunale. Invece di intentare cause temerarie, La Paz avrebbe potuto impiegare questi cinque anni per ripristinare relazioni amichevoli tra i nostri due popoli.” È infatti dal 1978 che le relazioni diplomatiche tra le due nazioni risultano interrotte.

Il presidente boliviano, Evo Morales, ha invece reagito con sdegno al disconoscimento, da parte della Corte, del diritto di La Paz a ottenere uno sbocco sul Pacifico. Egli ha poi dichiarato che il suo Paese “non si arrenderà”, ma “continuerà a combattere” per riottenere la porzione di territorio persa nel 1884. Morales, al potere ininterrottamente dal 2006, ha dichiarato in questi mesi di aspirare a un quarto mandato presidenziale.

Egli ha così deciso di fare leva, in vista delle elezioni del 2019, sul sentimento patriottico dei suoi connazionali, accusando Santiago di volere “strangolare economicamente” la Bolivia.

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