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Quel fiume di soldi alla Chiesa tedesca che Ratzinger voleva eliminare

La Chiesa tedesca gode di uno status particolare: è la tassa ecclesiastica versata dai cattolici a garantire ricchezza. Ma i cattolici non ci stanno più

Quel fiume di soldi alla Chiesa tedesca che Ratzinger voleva eliminare

La "tassa ecclesiastica" della Chiesa tedesca distingue il contesto cattolico teutonico da tutti gli altri. È anche per questo che l'episcopato tedesco ha più potere degli altri, ammettono i conservatori. Quelli che sono da sempre favorevoli ad una revisione della regola.

In qualche modo, Joseph Ratzinger ci aveva provato. Ma l'abolizione della "decima" prevista per i cattolici che risiedono in Germania è rimasta un tabù. Dopo il pontificato del tedesco, a parte le affermazioni del "fronte tradizionale", non se n'è più parlato.

ll procedimento per questa tassazione è praticamente automatico. Per essere sottoposti al regime di prelievo della Chiesa cattolca tedesca basta il solo battesimo. Poi scatta un obbligo di versamento, che corrisponde all'8-9% del proprio reddito lordo. Ne sa qualcosa il campione del mondo Luca Toni cui, ad un certo punto, venne chiesta di punto in bianco una cifra pari a circa un milione e settecentomila euro in quanto cattolico.

Joseph Ratzinger non è mai stato convinto della bontà di quella imposizione. Il Papa emerito è stato piuttosto chiaro quando, da regnante, ha scritto proprio in riferimento alla Chiesa tedesca che "gli esempi storici mostrano che la testimonianza missionaria di una Chiesa distaccata dal mondo emerge in modo più chiaro. Liberata dai fardelli e dai privilegi materiali e politici, la Chiesa può dedicarsi meglio e in modo veramente cristiano al mondo intero, può essere veramente aperta al mondo". Non c'è scritto "abolizione della tassa ecclesiastica", ma si può dedurre. Il contesto ed i dettagli sono stati ripercorsi tempo fa dal vaticanista Sandro Magister sul suo blog. E gli ambienti ratzingeriani sono pronti a testimoniare: Benedetto XVI avrebbe voluto rivedere quella regola. Se non altro perché le possibilità della Chiesa cattolica non dovrebbero essere legata alla rendicontazione dei battezzati: "Non muovono da una dinamica di fede. Credo che questo rappresenti il grande pericolo della Chiesa in Germania: ci sono talmente tanti collaboratori sotto contratto che l'istituzione si sta trasformando in una burocrazia mondana.... . Mi rattrista questa situazione, questa eccedenza di denaro che poi però è di nuovo troppo poco, e l'amarezza che genera, il sarcasmo delle cerchie di intellettuali". Queste sempre le parole di Ratzinger, che in quel discorso ha ammesso tuttavia di non essere contrario in sé e per sé alla "decima". Certo è che diviene difficile immaginare una profonda riforma del sistema tedesco senza uno stravolgimento della sua norma principale, la "tassa" appunto.

E se qualcuno avesse ancora dubbi, basterebbe guardare cosa hanno proposto i ratzingeriani in questi sette anni. Un esempio su tutti, l'opera di monsignor Gregor Maria Hanke, il quale si è schierato apertamente per l'abolizione. Il dibattito si è riperto un minimo in funzione del "Sinodo biennale" dell'episcopato tedesco, l'appuntamento mediante cui il fronte progressista vorrebbe modificare alcuni temi dottrinali, che tuttavia sono di stretta competenza della Chiesa universale (almeno alcuni). Il "fronte tradizionale" è sceso in strada, in segno di contenuta protesta. E tra i punti sollevati c'era appunto la scomparsa di una tassa considerata inopportuna. A capitanare quel gruppo di fedeli, c'era mons. Carlo Maria Viganò. L'ex nunzio apostolico che ha domandato le dimissioni di papa Francesco in funzione del caso McCarrick. Ma la necessità dell'abolizione è condivisa anche da altre personalità legate agli insegnamenti ratzingeriani.

Gli effetti della persistenza della tassa non sono neutri. Sono i numeri a fotografare la situazione: ha scritto Emanuel Pietrobon su InsideOver che "272.771 persone hanno deciso di abbandonare deliberatamente la Chiesa cattolica, in aumento significativo rispetto alle 216.078 del 2018". E il dato vale solo per il 2019, mentre la progressione del fenomeno rischia la mancata soluzione di continuità. Non si tratta più tanto di evitare la "protestantizzazione", quanto di prendere atto di un fenomeno che appare più urgente da analizzare: il sistema, così com'è, non trova il placet di tanti cattolici, tedeschi o meno che siano ma comunque residenti in Germania.

Ratzinger aveva avvertito.

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