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Iraq, minoranze nel mirino dell'Isis. Giornalista va in onda con la croce

L'avanzata degli estremisti ha costretto alla fuga migliaia di persone. Anchorwoman musulmana difende in tv la pluralità irachena

La giornalista Dalia Al-Aqidi in tv con la croce al collo
La giornalista Dalia Al-Aqidi in tv con la croce al collo

Da che la città irachena di Mosul è caduta nelle mani degli estremisti dello Stato Islamico (IS), che hanno annunciato la creazione di un califfato nelle terre di cui hanno preso il controllo, tra Siria e Iraq, le minoranze religiose hanno subito le conseguenze del ritrovarsi a vivere nei confini di un'entità che mal tollera qualsiasi deviazione da quella che ritengono essere la via del "vero Islam".

Le convinzioni degli estremisti, contestate anche all'interno della comunità sunnita, che per larga parte non si riconosce nelle posizioni professate dallo Stato Islamico, hanno costretto alla fuga molti degli abitanti delle città di cui hanno preso il controllo.

Tra i civili costretti ad abbandonare le aree occupate molti iracheni appartenenti alle minoranze, religiose ed etniche: musulmani sciiti, cristiani, turkmeni, ma anche yazidi di etnia curda, fedeli di una religione sincretica poco conosciuta, cacciati dall'avanzata dell'Is nell'area di Sinjar.

Una crisi umanitaria denunciata da molti. Una settimana fa una giornalista, la sunnita Dalia Al Aqidi, è andata in onda con al collo una piccola croce. Un'iniziativa - ha spiegato - che non aveva un significato religioso, ma piuttosto di protesta contro "chiunque tentì di cancellare la civiltà", per tornare "ai giorni dell'ignoranza e dell'arretratezza".

Il network libanese LBCI, in solidarietà con i cristiani iracheni, ha scelto invece di cambiare il proprio logo, mettendo una "enne" dopo la "b". La enne che, in arabo, è l'iniziale di "nassarah", il termine che nel Corano indica i cristiani. Proprio il Libano non è immune dalla minaccia dello Stato Islamico. Da alcuni giorni l'esercito combatte contro i jihadisti nell'area di Arsal, vicino al confine siriano.

Vian Dakhil, parlamentare irachena appartenente alla minoranza yazidi, ha lanciato ieri in Aula uno straziante appello perché le autorità si muovano "per evitare un massacro" condotto sotto il vessillo di chi crede di perseguire il volere di Allah. "Per 72 volte nella storia - ha detto - hanno tentato campagne genocide contro gli yazidi. E la cosa si sta ripetendo nel 21esimo secolo.

Un'intera religione rischia di sparire dalla faccia della terra".

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