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Turchia, i curdi nel mirino dei raid. "A rischio gli accordi con il PKK"

I jet di Ankara in azione contro l'Isis, ma anche contro posizioni del Partito dei lavoratori in Iraq. La fragile pace rischia di spezzarsi

I funerali di Duygu Tuna, una delle vittime dell'attentato contro i curdi a Suruc
I funerali di Duygu Tuna, una delle vittime dell'attentato contro i curdi a Suruc

Per lungo tempo il ruolo della Turchia nella lotta contro il sedicente Stato islamico è stato quantomeno secondario.

Spesso accusate di tollerare la troppa facilità con cui uomini e merci passano il confine con la Siria della guerra civile e di mantenere una retorica ostile alle forze curde, che pure stanno agendo contro i jihadisti, da ieri le autorità di Ankara hanno autorizzato una serie di strike aerei contro obiettivi dell'Isis, che hanno però preso di mira anche posizioni del PKK.

Gli attacchi hanno colpito campi d'addestramento legati al Partito dei lavoratori nel Kurdistan iracheno. In Iraq, nelle montagne di Qandil, c'è anche il quartier generale del PKK. La mossa dei turchi non stupisce, vista la posizione di Ankara, che considera il partito una minaccia terroristica non necessariamente inferiore a quella dell'Isis, ma che complica ulteriormente lo scenario.

I combattenti siriani legati al Pyd, partito vicino al PKK, sono considerati da molti una delle forze più efficaci nel contrasto delle azioni del sedicente Stato islamico. Insieme a diversi gruppi inquadrati nel largo ombrello dell'Esercito siriano libero hanno ottenuto diverse vittorie, compresa quella a Tal Abyad, sottratta all'Isis con l'ausilio degli strike della coalizione internazionale.

"La Turchia sostanzialmente ha spezzato il cessate il fuoco", ha detto all'Associated Press Zagros Hiwa, un portavoce del PKK in Iraq, non escludendo che le azioni intraprese dalla Turchia possano mettere la parola fine agli accordi di pace raggiunti nel 2013, quando Ocalan aveva chiesto ai suoi di abbandonare le armi.

La tensione tra PKK e Turchia si è riaccesa negli ultimi giorni. I curdi accusano le autorità di non fare abbastanza contro l'Isis, fermandosi a un passo dall'incolpare Erdogan per un grave attentato che ha ucciso 32 persone a Suruc.

Dal canto suo il Partito dei lavoratori ha rivendicato l'uccisione di due poliziotti - ritenuti vicini ai jihadisti - nella città meridionale di Ceylanpınar. In manette sono intanto finite più di 300 persone, descritte come vicine all'Isis o al PKK, entrambe considerate sigle terroristiche da Ankara.

Da pochi giorni la Turchia ha detto sì all'utilizzo di una base sul territorio nazionale (Incirlik) per i raid aerei contro le posizioni dell'Isis. Una decisione che finora si era rifiutata di prendere e che rende più semplice il lavoro per la coalizione. La distanza che separa i luoghi dagli obiettivi è nettamente inferiore da quella che i jet devono percorrere se si alzano in volo dalle postazioni di altri alleati regionali degli Stati Uniti.

"Siamo pronti a nuovi raid", ha chiarito il primo ministro Ahmet Davutoglu, mentre il titolare degli Esteri, Mevlut Cavusoglu, ha aggiunto che la Turchia punta a creare "zone di sicurezza" nel nord della Siria in modo naturale. Qui "quando saranno state liberate dalla minaccia dello Stato islamico" potranno "trovare riparo gli sfollati".

@ACortellari

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