Dai soldati dello zar agli eroi dell’Urss. Ecco il pantheon militare di Putin

Tra i "patrioti" ricordati sulla Piazza Rossa spunta il Principe del XII secolo Vladimir Monomach, di cui oggi da noi viene tradotto il "Breviario" politico

Dai soldati dello zar agli eroi dell’Urss. Ecco il pantheon militare di Putin

Il discorso di Vladimir Putin per la Festa della vittoria è stata l’occasione per aprire il pantheon del nazionalismo russo e celebrare gli eroi patrioti che, nei secoli, hanno combattuto contro il nemico «venuto da fuori». E così, in un excursus storico-apologetico, il Presidente, ieri, sulla Piazza Rossa, ha citato gli eroici Kuzma Minin e Dmitry Pozharsky che nel 1612, a capo di una milizia popolare, guidarono la liberazione di Mosca dagli invasori polacchi; i soldati che a Borodino affrontarono Napoleone Bonaparte; gli eroi della Russia zarista comandati da Rumyantsev, Potemkin, Suvorov e Brusilov; e quelli della Grande guerra patriottica, come Sidor Kovpak, leader partigiano nell’Ucraina occupata dai nazisti, e Lyudmila Pavlichenko, abilissima tiratrice scelta dell’Armata Rossa.

Ma il tributo ai difensori della patria, coloro che lottarono «fino alla morte», paragonati alla milizia che oggi sta combattendo nel Donbass, «nella propria terra», è arrivato molto lontano, fino all’XII secolo, quando Putin ha citato i condottieri della Rus’ di Kiev, il principe Svyatoslav e - soprattutto- Vladimir Monomach, ossia Vladimir II (1053-1125), Sovrano dal 1113 al 1125 della Rus’ di Kiev, il primo Stato organizzato - la Rus’ o Terra di Rus’- che unificò i popoli slavi, tre secoli prima della Russia di Mosca, nel territorio delle odierne Ucraina, Russia occidentale, Bielorussia... È a Kiev, la sacra Kiev, capitale spirituale della Chiesa ortodossa, che guarda Putin... Ed è probabile che fra le letture del nuovo «Zar» ci sia anche il «Poucen’e» («Insegnamento»), l’opera che Vladimir Monomach scrive per i propri figli sull’arte del buon governo e delle spedizioni militari e che proprio in questi giorni - e non è una «coincidenza significativa», ma un’intelligente intuizione dell’editore Aragno - viene tradotta per la prima volta in italiano da Lucio Coco, studioso di storia della spiritualità russa, col titolo «Il breviario del principe di Kiev».

Sorta di testamento morale che conserva l’eco delle guerre combattute a quel tempo nella terra di Rus’, il libro di Vladimir Monomach (da parte di madre la famiglia era bizantina) è una raccolta laica di insegnamenti sulle virtù da perseguire: evitare gli eccessi, esercitare la prudenza, praticare la clemenza, come sedare le rivolte intestine...

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