Dal giornalismo alle fake news. "Il pericolo è nella propaganda"

Come come difendersi dalle fake news nella politica estera? È stato questo il tema del dibattito tenutosi alla Link University di Roma

Dal giornalismo alle fake news. "Il pericolo è nella propaganda"

Come come difendersi dalle fake news nella politica estera? È stato questo il tema di un dibattito tenutosi alla Link University di Roma a cui hanno partecipato, tra gli altri, il presidente della Rai Marcello Foa, l’amministratore delegato de ilGiornale.it, Andrea Pontini, Davide Malacaria, fondatore di Piccole Note e il reporter di guerra Sebastiano Caputo.

Ed è proprio dall’esperienza di Occhi della guerra che arriva la risposta alle fake news. È grazie all’opera di “coinvolgimento del lettore che si possono continuare a mandare i reporter in prima linea”. “Con il fundraising abbiamo potuto finanziare 250 reportage e abbiamo mandato in tutte le aree di crisi cronisti giovani, a volte insieme anche a dei meno giovani come Fausto Biloslavo e Gian Micalessin”, ha spiegato Andrea Pontini che ha orgogliosamente ricordato la vittoria degli Inma Awards del 2016. “Siamo stato il primo giornale italiano a vincere un concorso internazionale”. Non è, dunque, vero che internet sia solo fonte di bufale, anzi le fake news sono forse l’ultimo dei problemi. Se da un lato rappresenta senza dubbio un’opportunità, dall’altro nasconde molti rischi. “Tutti dipendiamo da Facebook, Google, Amazon. I ricavi ci vengono da lì, gli strumenti per fare ricavi (Google Analytics) pure e sempre da internet arrivano le fonti da cui attingiamo le notizie”, spiega l’amministratore de ilGiornale.it secondo cui è sbagliato pretendere che questi colossi diventino i controllori di sé stessi. “Il vero giudice è e deve essere il lettore. Ma chi l'ha detto che Facebook è super-partes? Google non è un'istituzione benefica, nella migliore delle ipotesi persegue il profitto, ma cerca anche altro…”, ossia vuole, implicitamente, orientare l’opinione pubblica. I lettori, dunque, ma non solo. Secondo Pontini è necessario puntare sulla qualità del prodotto che consente di ricostruire quella “fiducia” che, ora, i lettori sembrano non avere più nei media.

Fiducia che, scondo il presidente della Rai Marcello Foa, è venuta meno “perché la stampa ha peccato di superbia” e si è lasciata influenzare dal potere e dalla “propaganda” del potere. “Non siamo più nel clima di propaganda dei regimi del 900, ma non siamo immuni dalla propaganda. Siamo più informati rispetto a qualche anno fa ma non abbiamo una conoscenza migliore della realtà”, ha aggiunto Foa secondo cui “persino i giornalisti non sono pienamente consapevoli dei meccanismi degli spin doctor che manipolano le notizie”. Il rischio è quello dell’omologazione: “Quando tutte le istituzioni (casa Bianca, Onu ecc...) parlano in modo unanime di un argomento si crea un'enfasi che prevale sull'opinione del singolo”, ha detto Foa rivolgendo un pensiero ai tanti giornalisti Usa caduti in depressione per essersi opposti alla seconda guerra in Iraq. Questo avviene quando, appunto, qualcuno cerca di uscire dal frame, ossia dalla “cornice valoriale” creata dal potere.

A tal proposito Davide Malacaria, fondatore di Piccole Note, ha ricordato la drammatica “vicenda Moro” attorno alla quale c’è ancora un grande alone di mistero che avvolge molti lati oscuri sull’omicidio del presidente della Dc. La seconda grande bufala è quella che riguarda le armi di distruzione di massa che, secondo gli Usa, sarebbero state in possesso di Saddam Hussein. L’ultima, invece, è quella dell’attacco col Sarin che Assad avrebbe usato nel 2013 contro la popolazione civile.

E un quadro della situazione attuale della Siria arriva dal reporter Sebastiano Caputo: “La guerra in Siria è stata sovra-medializzata, se ne è parlato troppo e male, con copia e incolla dei lanci di agenzia, che hanno creato un effetto a cascata di disinformazione. Oggi, invece, non si parla più della Siria perché gli USA hanno perso la guerra non si deve nemmeno raccontare nemmeno la ricostruzione di questo Paese".

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