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La guerra del futuro sarà fatta dai computer

Gli eserciti di tutto il mondo hanno ora, grazie all'intelligenza artificiale, armi estremamente sofisticate, ma si aprono anche scenari inquietanti

La guerra del futuro sarà fatta dai computer

La rivoluzione dell'intelligenza artificiale e il suo impatto sulla società e la politica. Questo tema estremamente affascinante è stato affrontato al convegno annuale della Altius Society alla “Oxford Union Debating Chamber” dell'Università di Oxford questo weekend. Alla conferenza, oltre a numerosi scienziati, professori, esperti di politica e di bioetica, hanno partecipato, Eric Maskin, premio Nobel per l'economia e Gao Xingjian, premio Nobel per la letteratura.

Nei tre giorni di lavori si è dibattuto sui passi da gigante che l'intelligenza artificiale ha fatto negli ultimi anni in tutti settori aprendo le porte a infinite opportunità, ma anche alla fine di molte professioni che non verranno più fatte da umani. Il tema apre molte questioni etiche e sociali che ancora si faticano a cogliere.

Nei prossimi anni moltissimi lavori saranno sostituiti da software che grazie alla loro velocità e capacità di calcolo sapranno analizzare molto meglio di tanti umani dati numerici o economici. Perfino i giornalisti e gli analisti che si occupano di mercati azionari potrebbero essere sostituiti da computer. Questo scenario apre, da una parte a un grande aumento della produttività, sia di beni che di servizi, ma anche alla scomparsa di tantissimi posti di lavoro che dovranno essere sostituiti da nuovi, sempre che sia possibile. Molti dei lavoratori che perderanno il lavoro, potrebbero non avere infatti le competenze per accedere alle nuove professioni altamente tecnologiche. E' probabile che serviranno quindi forme di welfare per rassicurare chi perderà il posto di lavoro. Anche tenendo conto che nelle democrazie masse di lavoratori intimoriti votano e determinano i governi. Sarà quindi fondamentale che la politica sappia accompagnare questo processo spiegandone le opportunità e correggendone le distorsioni, sia attraverso politiche regolatorie che attraverso un nuovo modello di istruzione e di welfare.

Anche perché è chiaro che i paesi che non intraprenderanno questa rivoluzione saranno le nazioni povere del futuro. Le massime potenze mondiali, in primis Stati Uniti, Cina, Giappone e Corea del Sud, si stanno già sfidando su questo terreno. Saranno la scienza e la padronanza della tecnica che decideranno il livello di potenza e ricchezza degli stati del futuro. Non si tratta solamente di una questione economica e di produttività, ma anche di potenza militare, di capacità di combattere malattie o di primeggiare nella ricerca spaziale.
Un paese che rimarrà indietro su questi terreni avrà un triste futuro. Ecco perché è fondamentale che i politici accompagnino questo inevitabile processo facendone chiaramente cogliere le opportunità e rassicurando sul fatto che lo stato e la società saranno vicini alle persone che si troveranno in difficoltà durante le fasi di questa rivoluzione.

Il primo giorno della conferenza Shane Legg, fondatore della “DeepMind” e direttore di “Google Deep Mind”, Stephen Roberts, direttore dell'Oxford Center for Quantitative Finance e direttore dell'Oxford Center for Doctoral Training in Autonomous Intelligent Machine and Systems, Sergio Álvarez-Teleña, direttore della Global Strategies and Data Science, BBVA, David Barber, del Center for Computational Statistics and Machine Learning, University College London, e autore di “Bayesian Reasoning and Machine Learning” e Riccardo Silva, del dipartimento di Scienza Statistica, Gatsby Computational Neuroscience Unit, dell'University College London, hanno discusso dei potenziali della robotica e degli scenari futuri. Tutti i conferenzieri si sono detti molto ottimisti sul fatto che questa rivoluzione tecnologica sia paragonabile alla rivoluzione industriale di vittoriana memoria. In modo unanime si sono detti convinti che i benefici nel lungo termine saranno molto migliori dei lati negativi. L'unica ombra nella discussione è nata dal bisogno di chiarire se tale rivoluzione nasca per motivi umanistici o semplicemente per abbassare i costi. La discussione su questo punto è stata abbastanza vivace.

Il secondo giorno si è discusso delle prospettive filosofiche nel lungo termine di questa nuova intelligenza artificiale che si affiancherà all'uomo. In particolare si è dibattuto sulla possibilità che un giorno l'intuizione umana, compresa quella matematica, possa essere eguagliata o superata da un intelligenza artificiale. Ci si è anche chiesti se la razionalità umana sia livello più alto di razionalità e se le macchine possano prendere decisioni seguendo dei valori morali.

La discussione è stata animata da Jean-Pierre Changeux del Collège the France, che ha vinto nel 2001 il Balzan Prize e nel 1982 Wolf Prize per la medicina, da Luciano Floridi, direttore dell'Oxford Internet Institute, membro dell'European Data Protection Supervisor (EDPS) Advisory Board e del Google Advisory Council, da Garry Jacobs, presidente della World Academy of Art and Science e da Anders Sandberg, dell'Oxford Future of Humanity Institute, Oxford Martin Programme on the Impacts of Future Technology.

In generale si è tentato di rassicurare sul fatto che l'intelligenza artificiale non sostituirà la mente umana, ma potrà essere utilizzata dalle persone per fare calcoli molto più complicati, analisi che la sola mente umana non potrebbe fare. Si tratta quindi di un potenziamento incredibile della possibilità di conoscere la realtà che ci circonda, anche se non mancano possibili pericoli, come l'utilizzo di questi dati per fini commerciali impropri o per favorire forme di governo liberticide. Ecco perché secondo tutti i conferenzieri è fondamentale creare delle regole che controllino l'utilizzo di queste nuove tecnologie. Questo perché non è la tecnologia a essere pericolosa, semmai è l'utilizzo che l'uomo ne può fare a esserlo.

Si è anche dibattuto dell'assottigliamento della classe media nel mondo, anche per i lavori persi a seguito della rivoluzione tecnologica e del suo collegamento con l'esplosione di movimenti populisti in molti paesi occidentali. Le paure degli elettori e la crisi economica si sono immancabilmente riflesse nella politica dei paesi coinvolti da questa rivoluzione. Non bisogna dimenticare che nelle democrazie è la maggioranza delle persone e non le élite, che determinano i governi. Così come tutti sono stati d'accordo nell'affermare che nei prossimi anni sarà fondamentale una riforma del sistema scolastico che non potrà prescindere dall'insegnamento delle nuove tecnologie.

Di questo tema hanno dibattuto Branko Milanović, ex Lead Economist of the World Bank, autore di “Global Inequality”, City University of New York, Sean Cleary, fondatore del Future World Foundation, co- fodatore del Davos World Economic Forum e Erik Brynjolfsson, direttore dell' Mit Iniative on the Digital Economy e professore alla Mit Sloan School.
Durante la conferenza Lord Rees of Ludlow, astronomo ed ex presidente della Royal Society e professore a Cambridge ha fatto una panoramica dei cambiamenti, non solo nel campo dell'astronomia, che la rivoluzione tecnologica comporterà. Il professore si è detto convinto che si tratterà di una rivoluzione sensazionale che aprirà ad enorme spettro di nuove conoscenze.

Nella serata di venerdì si sono affrontate prima le innovazioni nel settore militare e poi quelle nel settore artistico.

Gli eserciti di tutto il mondo hanno ora, grazie all'intelligenza artificiale, armi estremamente sofisticate, ma si aprono anche scenari inquietanti. Si è molto dibattuto sul fatto che un computer possa trovare più logico garantire la sicurezza attuando politiche che non rispettino i diritti umani o la morale. Ecco perché alla fine le scelte cruciali dovranno rimanere comunque agli esseri umani. Ne hanno dibattuto la baronessa Neville-Jones, ex “BBC Governor” e presidente del British Joint Intelligence Committee, ex ministro della “State for Security and Counter Terrorism”, ministero che supervisiona l' MI5 e l'MI6 e presidente del Senior Cyber Advisory Panel della Bank of England, Jason Matheny, direttore dello IARPA, Office of the Director of National Intelligence, United States of America e Jean Marc Rickly, del Department of Defence Studies of King's College.

Dell'insostituibile intelligenza umana nelle arti ha invece parlato il premio Nobel per la letteratura Gao Xinjian, che ha anche lanciato un appello per la rinascita della letteratura mondiale.
L'ultimo giorno si è invece parlato di “smart cities” e del futuro della vita urbana. Già oggi in Olanda esistono città in cui applicazioni vi segnalano i posti auto liberi. Esistono anche progetti per incroci senza semafori che funzioneranno come i sistemi aeroportuali. In pratica tutte le macchine passeranno insieme, ma un software impedirà che si possano scontrare. Tutti i conferenzieri si sono detti certi sul fatto che queste nuove opportunità garantiranno un netto miglioramento della vita e della produttività nelle città. Hanno partecipato al dibattito Carlo Ratti, direttore del MIT Sensable Lab and Chief Advisor to the EUCommission on Smart Cities, Julie Alexander, direttrice presso Siemens dell'Urban Development and Smart Cities e Matthis Bouw, fondatore e direttore ad Amsterdam della One Architecture. Infine, la conferenza si è conclusa con una appassionata relazione sulle nanotecnologie e il futuro della biologia e delle neuroscienze di Sonia Cantera, professoressa di fisica a Oxford.

La professoressa ha raccontato alla platea quanto si sia vicini a rivoluzionare la medicina grazie alle nanotecnologie.

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