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L'armata rotta

L'armata rotta

Da Armata Rossa a Armata Rotta. Addio alle Armi. I giochi di parole e le ironie si sprecano sul destino imprevisto dell'esercito della Russia, impantanato oggi in Ucraina come e peggio che in Afghanistan negli anni Ottanta. Un colossale errore di valutazione (o meglio di sottovalutazione di chi andava ad attaccare) da parte del Cremlino, certamente. Ma anche la clamorosa smentita di uno dei luoghi comuni più duri a morire del nostro tempo: quello secondo cui la Russia disporrebbe di un'armata potentissima, efficientissima e praticamente invincibile.

Cominciamo con qualche cifra. Sono ventun anni che Vladimir Putin profonde risorse ingentissime per ammodernare e potenziare le forze armate russe, che arrivato al potere aveva trovato in condizioni pietose. Restaurare la grande potenza che era stata l'Unione Sovietica è stato da subito la sua vera priorità. Dal 2000 a oggi, Mosca ha speso in armamenti la cifra mostruosa di 1,1 trilioni di dollari. In altri termini, in questo ventennio, la spesa militare russa è aumentata di oltre sette volte, passando dai 9,23 miliardi dollari del 2000 ai 65,9 del 2021. La Russia è passata così dal 21° al 5° posto assoluto nel mondo: più di Mosca spendono solo gli Stati Uniti, la Cina, l'India e il Regno Unito; ma in proporzione rispetto alle risorse nazionali, nessuno supera Putin: nel 2020 il 4,26% del prodotto interno lordo, a tutto detrimento delle necessità reali di un Paese in cui 16 milioni di persone vivono sotto la soglia di povertà, i salari medi sono nettamente inferiori perfino a quelli dei Paesi Ue più poveri come Bulgaria e Romania e la vita media anche per le carenze delle sottofinanziate sanità e istruzione pubblica è dieci anni più breve che da noi.

UN MARE DI SOLDI
Putin non ha badato a spese (militari). Decide lui quasi da solo. Il bilancio federale russo è infatti gestito direttamente dal Cremlino, e la difesa negli ultimi 15 anni ha assorbito quote variabili tra il 12 e il 23%, che raggiungono un impressionante 34% se si includono i costi per le forze di sicurezza e di polizia. I due terzi di questa fetta enorme di budget sono mantenuti sotto segreto, in perfetto stile Le Carrè. Ogni tanto, Putin si cava la soddisfazione di fare una sorpresa ai russi e al mondo intero: come accadde due anni fa, quando svelò che la Grande Russia disponeva di missili ipersonici potentissimi e impossibili da abbattere, anche se si premurò di assicurare che noi non minacciamo nessuno. Il tutto, in un contesto di massimo sforzo economico per un più generale ammodernamento dei suoi arsenali: alla fine del 2017, ad esempio, è stato aggiornato un programma di investimenti che già prevedeva per due terzi spese in armamenti di ultima generazione. Più di 21 trilioni di rubli in dieci anni, con priorità alla deterrenza nucleare, ai missili ipersonici, alle armi di alta precisione.
Tutto questo è bastato a fare della Russia una vera e vincente superpotenza militare? La risposta degli esperti è: no.

Nonostante vent'anni di spese colossali e dedizione maniacale da parte del Numero Uno, le forze armate russe non riescono da sei mesi a prevalere in Ucraina, dove avevano previsto di imporsi nel giro di pochi giorni. E questo non solo per una sottovalutazione di chi hanno aggredito (Zelensky non solo ha rifiutato la resa e la fuga, ma è stato in grado di ottenere armi e sostegno dall'Occidente e di mobilitare 700mila uomini), ma soprattutto per una sopravvalutazione della propria forza, intaccata tra l'altro da un'endemica corruzione che arriva fino ai più alti livelli militari.

Già nel 1997, quando era funzionario dell'amministrazione Eltsin, Putin notava che perfino i generali sono corrotti, pertanto lo stesso ministero della Difesa è irriformabile. In questo 2022 poco sembra cambiato, se ancora si segnalano furti in grande stile di materiale di valore nell'indifferenza di chi dovrebbe impedirlo e si verificano di conseguenza inconvenienti come l'impiego di pneumatici cinesi a poco prezzo e di scarsa qualità per i veicoli militari e la fornitura ai soldati di scarpe le cui suole si scollano nel fango del Donbass.

La campagna d'Ucraina sta evidenziando una serie di carenze impressionanti in settori fondamentali: di organizzazione e logistica in primo luogo, ma anche di quegli armamenti moderni che sulla carta avrebbero dovuto fare la differenza a favore della Russia. Questo non è un esercito professionale, commentano i più alti generali americani, e il celebre David Petraeus, che è stato capo della CIA e del Comando generale USA, si domanda come sia possibile che i vertici militari russi non abbiano capito nulla di ciò che li attendeva in Ucraina pur avendo trascorso mesi accampati ai suoi confini nell'inverno scorso in attesa di invadere. Sono bastati una dozzina di avanzatissimi sistemi d'artiglieria americani ad alta mobilità (gli ormai famosi Himars) a cambiare le sorti della guerra: gli ucraini distruggono con lanci di precisione ponti e decine di grandi depositi russi di carburante e munizioni, mettendo in crisi la logistica, i rifornimenti e la potenza di fuoco del nemico. Al fronte c'è scarsità di equipaggiamento tecnico avanzato, mancano droni al punto di doverli chiedere all'Iran, vengono abbattuti aerei ed elicotteri a centinaia, e sono andate perse 15 navi della decantata Flotta del Mar Nero, che in aprile si è vista affondare perfino l'ammiraglia Moskva costata un occhio della testa.

Quanto ai carri armati, ne sono stati perduti già più di duemila, e l'enorme difficoltà nel rimpiazzarli costituisce un capitolo a sé: è vero che nei depositi militari sparsi per tutta la Russia ce ne sono a migliaia, ma sono spesso arrugginiti o usurati, ripararli è un'impresa a causa dell'impatto delle sanzioni, sicché si assiste alla messa in campo di una miscellanea di tank prodotti nei più vari periodi, inclusi pezzi da museo di epoca sovietica come i T-62. Un tema drammatico per Putin è quello delle perdite umane, stimate ormai in oltre ventimila caduti (gli ucraini dicono più del doppio, ma forse è propaganda). Non perché, come a tutti i dittatori megalomani, gli importi granché della sorte dei suoi soldati, ma perché deve gestirli con attenzione per una serie di concretissime ragioni. La principale è il rischio di suscitare proteste nelle grandi città, ed è per questo che evita di dichiarare ufficialmente una guerra e di ricorrere a una mobilitazione generale, preferendo usare come carne da cannone i giovani siberiani e i disgraziati delle povere Repubbliche musulmane come la Buriatia o il Daghestan; ma pesa anche la difficoltà a rimpiazzare i caduti nelle forze d'élite (stimati già in quasi mille uomini), da cui il ricorso a mercenari e a miliziani ceceni. Perfino la famigerata Orchestra Wagner fegatacci prezzolati che Putin usa da anni in mezzo mondo al posto delle forze regolari per le operazioni più sporche - ormai fatica a trovare volontari da spedire a combattere in Ucraina, per quanto alte siano le paghe che offre. E lo stesso leader ceceno Kadyrov, che con i suoi tagliagole islamici sta svolgendo da mesi un ruolo militare di prima importanza sul fronte orientale ucraino, ormai si permette di minacciare apertamente Putin di ritirarsi dal Donbass se non gli verrà concesso più potere anche a livello nazionale. E' per questa carenza di uomini, provocata da perdite ingenti che nessuno a Mosca aveva previsto, che nelle manovre militari Vostok-22, da poco concluse alla presenza dello stesso presidente nell'Estremo oriente russo al fianco di contingenti cinesi e indiani, quest'anno sono stati inviati un quarto degli effettivi rispetto all'edizione precedente: i soldati servono in Ucraina, al fronte.

PEZZI DI RICAMBIO
Una notevole analisi di Pavel Luzin, pubblicata da The Insider, offre infine approfondimenti preziosi. Secondo lo specialista russo, entro fine anno Mosca a questi ritmi esaurirà le sue scorte di proiettili per artiglieria e veicoli corazzati (infatti ne sta acquistando a milionate dalla Corea del Nord); e lo stesso accadrà per i missili guidati di precisione, mentre lo stato dell'aviazione militare russa non consente di condurre una campagna d'attacco aereo su vasta scala. Sono i livelli di consumo impressionanti (si arriva a 40-60mila proiettili sparati al giorno) a causare questa situazione, ma è determinante il ruolo delle sanzioni occidentali nell'impedire la produzione interna di armi in quantità adeguate a ricostituire le scorte. Per sorprendente che sembri, negli anni Dieci l'industria bellica russa ha acquistato tecnologia da Germania, Austria e Svizzera, oggi ovviamente indisponibile: volume e qualità declinano così inevitabilmente. Quanto ai missili, il solo fatto che i russi usino in Ucraina sistemi di difesa antiaerea e antimissile per colpire bersagli a terra rivela lo scarseggiare di quelli a lungo raggio. Così si assiste a un uso terroristico e impreciso di missili contro le città ucraine, mentre il fronte non avanza e ci si deve addirittura preoccupare di una controffensiva ucraina nel Sud e a Kharkiv.

Armata Rotta, appunto.

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