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L'Orso incontra il Dragone: alle radici dell'amicizia tra Cina e Russia

Federico Giuliani ed Emanuel Pietrobon nel saggio L'Orso e il Dragone (La Vela, 2022) parlano delle prospettive e delle radici storiche dell'amicizia politica tra Cina e Russia. Ma anche di ciò che può minarne l'incedere

L'Orso incontra il Dragone: alle radici dell'amicizia tra Cina e Russia

Quella tra Cina e Russia è una partnership strategica a tutto campo, una "non-alleanza" tra due importanti attori che stanno trovando però in un'amiciza politica consolidata una via per cooperare attivamente nell'ordine del mondo globalizzato. Anche dopo l'invasione russa dell'Ucraina la Cina, pur non prendendo apertamente posizione contro Kiev, non si è unita al coro di chi accusava la Federazione Russa di crimini o gravi errori geopolitici, limitandosi a perorare la causa del dialogo e a farsi portavoce dell'idea secondo cui nulla nei rapporti con Mosca sarebbe mutato.

Il rapporto tra Cina e Russia si è scongelato, dopo i decenni di tensioni dell'era della Guerra Fredda tra le due grandi potenze comuniste, tra il 1989 e il 1991. Erano gli anni di Buonanotte, Signor Lenin, delle prime crociere congiunte sull'Amur narrate da Tiziano Terzani, del ritorno di fiamma del "Grande Gioco" centroasiatico. Erano gli anni, soprattutto, in cui i demiurghi americani del Project for a New American Century in campo repubblicano e gli economisti democratici figli di BlackRock e Goldman Sachs costruivano da presupposti diversi il mito del mondo unipolare, della globalizzazione plasmata intrinsecamente attorno a Washington. In trent'anni la crisi di rigetto ha iniziato a plasmare il nuovo rapporto sino-cinese. Di cui scrivono, con grande competenza, Federico Giuliani ed Emanuel Pietrobon nel saggio L'Orso e il Dragone (La Vela, 2022).

Quello di Giuliani e Pietrobon, arricchito dalla prefazione dell'analista geopolitico Salvatore Santangelo e dalla postfazione del direttore di Vision and Global Trends Tiberio Graziani, è un libro coraggioso per un'ampia serie di motivi. In primo luogo, perché frutto del lavoro complementare di due analisti con focus differenti: Pietrobon è esperto principalmente di spazio post-sovietico, mentre Giuliani ha un'attenzione primaria alla Cina. In secondo luogo, perché legge il rapporto sino-russo in termini pragmatici e senza filtri. In altre parole, sfatando sia gli allarmisti che pensano a un asse sino-russo in grado di trasformarsi in alleanza militare capace di minacciare l'Occidente che i fan della "Nuova Eurasia" desiderosi di cercare nella partnership sino-russa il seme di un nuovo Sol dell'Avvenire. Infine, perché offrono un primo tentativo di sistematizzare il rapporto sino-russo nel quadro del grande caos generale, segnato da transizione multipolare e Guerra Fredda 2.0, del mondo della globalizzazione.

Ed è alla luce della globalizzazione che Giuliani e Pietrobon leggono il rapporto sino-russo, accelerato a partire dal 1999, definito "anno del destino": l'anno in cui la globalizzazione si mostrò come processo di matrice economica, geopolitica e militare statunitense con i bombardamenti della Jugoslavia, che colpirono al cuore il territorio della Serbia storicamente legata alla Russia e furono caratterizzati anche dall'ambiguo caso della distruzione dell'ambasciata cinese di Belgrado. Il meccanismo di azione-reazione partì lì e si dipanò mano a mano che le basi dell'ordine globale venivano meno: le Guerre al Terrore portarono all'esaltazione della valenza geopolitica dell'Asia Centrale, cuore comune degli interessi geopolitici dei due Paesi; la crisi finanziaria del 2007-2008 ha visto la Russia resistere anche in virtù del rapporto con una Cina rampante; dal 2014 in avanti, inoltre, energia, accordi tecnologici e commerci hanno plasmato il rapporto Mosca-Pechino nel quadro di un costante deterioramento delle relazioni con l'Occidente.

Russia e Cina plasmano un rapporto che cambia l'Eurasia perchè capace di governare le sue numerose contraddizioni: è presentato come paritario pur presentandosi come frutto dell'intesa tra una nazione rampante come la Cina e un impero in declino come la Russia; si dà una sostanza di organizzazione internazionale (come ad esempio l'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai) pur essendo un patto di interessi bilaterale; dribbla le aree di comune confronto, ad esempio in aree come il Kazakistan, presentando progetti di cooperazione e sviluppo come volano della crescita delle relazioni; si presenta come intesa costruttiva pur essendo, in fin dei conti, nata sulla scia del timore comune per l'egemonia americana. In nuce, l'asse russo-cinese è il perno di una transizione multipolare molto contrastata e che da tempo prende piede ma che in diversi contesti regionali sta vedendo muoversi verso una crescente assertività attori come India, Turchia, Iran, Etiopia, Nigeria.

"Quella tra Cina e Russia", scrivono gli autori, "non è un'alleanza: è un'intesa". Risulta "l'equivalente contemporaneo dell'intesa amichevole franco-britannica in chiave antitedesca di inizo Novecento". Xi Jinping e Vladimir Putin hanno portato alla massima tensione questo rapporto superando "incomprensioni, diffidenza e paure ancestrali" che non possono che riemergere quando si toccano gli scenari di confine. La "paura gialla" russa, il timore di uno straripamento demografico dei cinesi della Manciuria nella semispopolata Siberia, si somma alla percepita minaccia di una trasformazione in satellite economico e, dunque, geopolitico.

La Cina, al contempo, teme che l'aggressività e il realismo offensivo di Mosca possano indirettamente sabotare i suoi piani di sviluppo attraverso il commercio, minare le Nuove Vie della Seta, financo compattare una "Nato mondiale" alle sue porte di casa. Vi è poi, in sostanza, il fattore umano: Xi Jinping e Putin hanno portato all'estremo il loro rapporto, rinverdendo la relazione diplomatica tra i due Paesi grazie a una totale intesa personale, ma non è detto che chi gli succederà farà altrettanto. E il grande paradosso è questo: il rapporto tra due Stati-civiltà è oggi più che mai appeso all'intesa tra due uomini. Forse rappresenta questo lo scoglio più importante, come Pietrobon e Giuliani fanno notare.

Ma solo la storia saprà dire se quello percorso dall'Orso e il Dragone è destinato a essere un tratto di strada comune per due potenze di grande peso o l'iniizio di una lunga marcia capace di accelerare la transizione verso un sistema multipolare.

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